Come un aïrone ora la terra calpesto e il fango umido,
tra i sentieri vagolando della mia campagna, ove dorme
nel suo talamo perpetuo Persefòne, scelta compagna
dell'Ade e delle sue nebbie, già acerbi preludi per me
del funebre Autunno di Novembre, quando di sera
l'orizzonte ricopre la pallida bava di Spiriti
morti. Sì! io sono un aïrone, con la sua goffaggine eterna
nell'eloquenza di quei rametti che fanno da zampe,
e con il becco ricurvo, gli artigli scomposti sui prati
marciti... egli, gitano dell'aëre fosco e crudele,
il quale nel suo ingenuo urlo le sacre orfiche orge disfida
della Notte che sovviene vicina. Sì! io sono un aïrone;
e mi perdo nell'attimo d'un piccolo volo nel vuoto, nel-
l'immenso d'una Natura e sconvolta, e assonnata, e profonda,
nel volto funereo, vivente, spirante, e nel mare
d'un occhio che guarda e osserva la crudele infamia di questo
mio cuor che urla sognando - oltre gli infiniti suoi termini
il mistero dell'orizzonte.
Io son come un aïrone. Ma di lui mi mancano il cuore,
e questa Libertà.
Sesshû Tôyô, Un Airone e altri Oggetti naturali, Pittura tradizionale giapponese, Inizi del Secolo XVI |
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì III del Mese di Ottobre AD MMXIX.
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