Mi chiami, o Autunno, e mi condanni al verno
con le mentite giornate di Sole
e con il volo estremo degli stormi,
allorché Persefòne il sonno eterno -
dall’Orco minacciata - invoca, come
una Parca che i freddi capei informi
strappa del Fato… E chiamandomi, mi
urli
infinite parole di silenzio,
donde mi porti cure vecchie e vecchi
Sogni, quelli del cuor che li sublima.
Poi, mi sussurri nebbia ebbra di
assenzio
mentre si lamentano i primi stecchi
che denudar di foglie il vento brama
nella lunga discesa all’Ade buio.
Ma vorrei bere un sorso di Ebe prima
del morir che dalle tenebre chiama.
Nessun commento:
Posta un commento