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giovedì 21 maggio 2015

Ode alla Vita d'un giovane Poeta

I. Oh tu, che pieghi al gelo, oh viver cupo,
e che nel piover trascorri l’Eterno,
e che copri di Morte il cielo, e ansando

le grandini proclami, e che nel senso
le spente foglie dei sogni m’ispiri,
tu, Mostro ombroso, cui occhi son inverni

che le nevi ne spargon, Orco insonne,
e che m’andrai perenne a tormentare,
‘ve i tuoi velen mi son tue piogge e i venti,

oh tu, non hai, né intendi qui gridarti
la pietà che t’imploro, e osi tacere?....
Voltati!... e guarda! Ti sono uno spettro:

mi stai ferendo invano; e i freddi sogni
trascorrono - acque - e scivolano via.

II. Oh tu, che m’hai negato i fiori ascesi
delle mie Primavere, e che le giovani
vette d’Amor mi precludesti, oh insano,

tu che m’inebri del vento ululante,
e che ovunque mi schiudi e avelli e bàratri,
e che un reo Temporal su me scateni,

e che i sorrisi mendaci rendesti
delle speni ghermite e delle donne,
Dèmone antico, oh d’Erinni il Destino,

tu, mi vedi qui ansando; e bêi di questo
pianto, di queste doglianze secrete,
e allor non sei fors’anche empio, crudele?....

Tu sei l’Ombra che scorgo al mesto specchio:
d’un cuor l’impronta sdrucita nel buio!

III. In te io sognavo un meriggio, allorquando
fanciullo e infante sorridevo ai nugoli,
e il sogno era occhio di rosa e di canti,

come un profluvio d’attese serene,
e in una mezzanotte, io, Trovatore
pregai alla Luna e a suoi candidi seni;

e tu, Menzogna, tu che sei il Demonio,
e che tuoni bestemmie ai lampi infami,
e che pieghi le foglie dei sepolcri,

orribile giungesti, e i sogni sparvero,
e mi rimase un dono ora incompreso,
un supplizio di Morte, l’Inquietudine.

Della Vita mi resta un fior d’un Dio,
consunto e folle: a me la Poësia!

IV. Mi renderai, crudel, oh tu, col bacio
del fiele amaro di questa salsedine
che ai boschi urlando piove, oh tu, che strilli

insulti di tormenti, e che mi strazi,
i sempiterni abbracci e i caldi baci
che la mia gioventù ha fuggito incauta?....

Silenzio! È muto il tuo labbro blasfemo,
e intorno intendo il singulto d’un liuto,
e cantar m’è dovere, e pianger tanto.

Così d’accanto le Tempeste ammiro,
e tremo all’orizzonte, il tuo, che osceno
m’oscura il volto nel maggio defunto.

Sono una salma che ordisce dei versi
nell’avèl che mi copre: oh tu, mia Vita!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Giovedì XXI Maggio AD MMXV

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