Vedo che sorgono,
che si risvegliano
pur dopo gli incubi
del scorso inverno,
a mille, a mille
s'alzano, vengono
le viole mammole;
libere crescono
sotto le pallide
ombre del Sole,
sbocciano, ridono,
splendono in placida
vita che genera
più bianche nuvole,
cieli più limpidi,
la Primavera.
Soffiano, danzano
i freschi petali
nel vento tiepido
che bacia i platani,
frassini e roveri,
lungo le docili
vie delle selve,
come gli Spiriti
che si lamentano
sorti dai loculi
tra balli candidi,
che sono l'Anime
delle più vergini,
come Proserpina
le Villi meste.
Sento che scorrono
i fiori serici
pur fermi e immobili
nel quieto ètere;
e intorno a me
saltano, riddano,
prendermi vogliono,
gettarmi in vortici
di balli apatici
per queste nevi
che ora si sciolgono,
dov'erbe crescono
mute, selvagge.
Vedo le rondini
che ora dall'Africa
festose tornano
anche se il turbine
del mar terribile
molte ha sepolte,
Natura infame;
e qui edificano
i nidi ceruli
sotto le tegole
delle più tacite
cascine, cantano,
vòlan, cinguettano;
e i campi stuzzicano
corvi famelici,
merli che fremono
d'Amore e fregola,
e che moltiplicano
in uova e nido
le inermi vittime
le miserabili
bestie che vivono
d'un ciclo orribile
fatto di Vita,
di spene e Morte
cui qui soggiacciono
i germi e gli esseri,
i vermi e il loculo,
nessun ne fugge.
E se negli attimi
che già ne fuggono
d'un nuovo marzo
scorgo la gioia,
un senso lieto
di quiete e pace,
se i fior che nascono,
quei che germogliano
i rami tremuli
mi sono dolci,
co' uno starnuto
guardo e saluto
i biechi pollini
che mi ricordano
di ogni mio limite,
della mia schiatta,
che nulla è vero,
che è Poesia.
E piango e lagrimo