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domenica 14 ottobre 2018

Ebe

Le sue foltissime ciglia bianche stavano fisse su quel calice che, appena alzato da una mano vecchia e tremula, traboccava di raffinato vino, uno di quei delle migliori vendemmie. Appena nascosti, i suoi occhi fissavano ancor più il divino sangue della vite e de' suoi tralci; e sembravano quasi assenti di fronte alla realtà, una tavola imbandita, un attimo dedicato a un festeggiamento di trofei e di vanità... erano contemplativi, perduti in qualche orizzonte non presente... fors'anche mai esistito, o premonitore di una Vita migliore prossima ad accoglierli.... Affogavano e naufragavano ripetutamente nel vino, ed erano ebbri... ebbri di qualcosa di non ben definito, almeno per il momento.
D'intorno, sedevano rispettosi e pieni di ossequio molti ospiti, elegantemente vestiti, qualcheduno perfino se ne stava con il cilindro sulla testa; qualchedun altro lustrava con un tavagliuolo di tessuto pregiato il corpo del bastone da passeggio... sia chiaro, non uno di quelli che si usano davvero per camminare, ma un che fia d'uopo mostrare per ottenerne una certa opinione, un vacuo o reale aspetto di ricchezza e di eloquenza. Oh quanta triste e prepotente Vanità!... Quanto inutile spreco di apparenza e di futilità in quel simposietto che stava giungendo a termine!
Tutto d'un tratto, infatti, fu declamato un brindisi che sùbito dopo fu ripetuto in un coro sempre più crescente, come in un canone da chiesa; e fu un cozzare di vetri, di saluti... di sguardi amorosi, colpevoli... di occhiatacce miste a gelosie perverse e ben radicate... di convenevoli tra un ospite e l'altro. 
Soltanto il Signor Corrado, il vecchietto prossimo a' novant'anni che veniva festeggiato per il suo immenso contributo all'arte delle Lettere, con tanto di messa in mostra di articoli di giornale provenienti da tutto il Regno, non sembrava partecipare del brindisi... il suo brindisi! ma pareva davvero del tutto assente, trasognato nel suo sguardo infisso a quel calice e a quel vino, perduto... fattosi muto dopo molte parole spese per tutta la durata della cena, se appunto di cena si poteva parlare. Del resto, erano soltanto le sei della sera, o meglio, di un melanconico meriggio di inizio autunno... e tutto stava per finire con il brindisi. Il festeggiato, infatti, aveva ormai molti problemi di digestione, e cenare in un'ora più consona agli ospiti non sarebbe stata una galanteria ne' suoi confronti che, altrimenti, avrebbe vegliato tutta la notte, o peggio. Si sa che diventare vecchi non è mai bello, anche se una vita vissuta probabilmente è tale dopo i novant'anni, anche i cento. Al diavolo Mimnermo con le sue liriche! Si vive per invecchiare, e si invecchia per morire... per spirare felicemente, con un alone di saggezza non dico nel cuore, ma almeno alle spalle.
Ma il Signor Corrado era forse felice in que' suoi festeggiamenti, dove prima di tutto, altri, perfino de' sconosciuti, si pavoneggiavano con uomini e donne pensando di sostituirlo e di fargli riuscire la cosa assai gradita? Quando anche lui ebbe avuti i suoi quaranta, trent'anni faceva forse così con i suoi amati vecchietti?.... No! Che disgusto! Altri stavano dunque per prendere il suo posto, e non sapevano poi bene... anzi, per niente, di che cosa si sarebbe trattato.
Egli ebbe la gloria... molta gloria, ma poi? Come accade a coloro che seguono furiosamente i loro Sogni e il martellante gridìo delle Idee e degli Ideali più alti, come succede a chi vive o si nasconde dietro una fede granitica e prepotente, no... egli non poteva essere felice, non poteva davvero sorridere davanti a una vita intera consegnata alla solitudine più oscura e disperata. Che tristezza! A quanta gioventù aveva rinunziato per tirare avanti con gli studi... a quanta bellezza della Vita concreta, con le sue stagioni, con il suo sole e le sue tempeste aveva detto il suo "No!"... quanto lo aveva fatto soffrire la mancanza incolmabile di un po' d'Amore, di un cuore altrui che, al contrario, lo avrebbe ascoltato, accolto... compreso!.... No! Come poteva dirsi felice?
"La Felicità non esiste" soleva ripetere con voce altisonante e imperiosa quand'era ancora un po' più giovine "è soltanto una stolida invenzione de' Poeti classici che si illudevano di ubriacarsi e di amare", ed era solito aggiungervi "E Iddio? Iddio ci ha destinati al dolore in questo mondo... e bisogna accettarlo". E se qualcheduno avesse osato ribattere e dirgli che le sue asserzioni erano menzognere, egli lo avrebbe ignorato borbottando qualcosa di incomprensibile, con fare indispettito e nervoso; e se un altro gli avesse detto che proprio perché Iddio ci ha destinati alla sofferenza bisogna ribellarsi per bene, diceva semplicemente "Siano banditi i Titani", e gettava un'occhiataccia da inquisitore sul povero malcapitato. 
Anche nell'ambito della politica Corrado era profondamente cambiato. Era nato sotto la tirannia di Buonaparte e, da giovine, ovvero tra i quindici e i trent'anni, s'era fatto prendere un po' troppo da certi languori rivoluzionari e innovativi, tant'è che ne' disordini del 1830 ebbe non pochi problemi con la censura e la gendarmeria di Torino. Per tutta la valle, in quegli anni, veniva indicato ora con sprezzo ora con ammirazione come un burrascoso rivoluzionario in contatto con Mazzini; e qualche anno più tardi, per questo, giravano voci che mentre quest'ultimo se ne andava in esilio passando per la vallata in direzione dell'Elvezia, costui lo avesse ospitato nella locanda di una sua parente. E Corrado né smentiva né ammetteva queste cose, i suoi passati. Certo che adesso, negli ultimi decenni del secolo, era molto cambiato. 
Prima di tutto, di rivoluzioni e di guerre d'indipendenza non ne voleva più sapere; e s'era perfino fatta un'idea tutto sommato vicina a una compatente ammirazione nei confronti del miserabile Luigi XVI e de' suoi compari europei. Sì... strizzava un po' l'occhio dinnanzi al dilagarsi di un leggero socialismo, o meglio ancora, a certe aperture politiche del Papa; ma quando la classe operaia rumoreggiava troppo... no, si fermava. Meglio il manganello e la baionetta che avere d'intorno una marea di stolidi illetterati e burrascosi! Meglio lasciar lontani quelli che ragionano con il languore del ventre! Potrebbero anche avere ragione, sì... ma il ventre rimane sempre tale e, per questo, si scontrerà in sempiterno con il Cuore e con la Ragione! Rimaneva, però, un convinto nemico del colonialismo e di ogni impulso di natura razzista, tant'è vero che quando l'esercito italiano acquisì l'Eritrea, egli protestò... e non poco.
Ma queste cose, in fin de' conti, gli davano e gli restituivano ancora una parvenza di vita e di vitalità, fors'anche di piccola e impercettibile gioia. No... no! A Corrado non andava per niente giù il fatto d'aver sprecata la giovinezza in Sogni e futilità d'ogni genere, d'essersi fermato con la mente da filosofo su tante cose che avrebbe dovuto coglierle... prenderle sùbito, e non pensarle... non scansarle con la capacità del pensiero e della riflessione.... Che sventurato! 
Dinnanzi a una bella e virtuosa fanciulla, infatti, ci si può forse domandare se l'Amore... macché, quest'Amore... quest'Amore che intercorrerebbe tra lui e lei, nelle sue più profonde manifestazioni spirituali e carnali, sia giusto o sbagliato? Se sia questo che Iddio vuole? Ci si può forse perdere in disquisizioni su futili differenze di età? O chiedersi se, in fin de' conti, sarebbe lecito gettarsi in un Oceano di purissimi Sentimenti quando la propria mente, le proprie membra fossero pietrificate e rigide per via di una Vita intera impostata sulla vergogna, sul martellante urlo dell'onore... su quel che gli altri pensano e si attendono?.... Si può forse disprezzare il proprio mestiere perché si accumolando fallimenti su fallimenti, perché ogni passo che si fa è una caduta... una risata da parte di qualchedun altro, un rimprovero, una rampogna... perché dovunque impera la disillusione più disperata?
No! Corrado non seppe vivere e fu un infelice, destinato da se stesso a esserlo, senza che lui se ne fosse minimamente accorto nemmanco per un breve attimo... nemmeno in una misera e povera intuizione. E ora, dinnanzi al suo simposio, stava lì... pietrificato come sempre, assorto in chissà quali mille pensieri di bene e di male, impossibilitato a prendere una decisione, a scegliere... né di continuare a vivere né di accingersi a morire... senza la possibilità di abbassare quel braccio e quella mano, di gridare anche lui il suo brindisi soave e di scambiare finalmente due chiacchiere spensierate con gli ospiti più vicini... di alzare quel nappo al labbro e di godere di quel vino.... Stava seduto, non volendo ascoltare niente e nessuno, ma il rumore, il baccano lo invadeva... gli faceva tremare le ossa; non osava chiedere più nulla, scoprire la verità del mondo che gli stava d'intorno, delle persone che lo accompagnavano così vanamente in questi momenti che dovevano essere di allegria per tutti. Non parlava e non beveva, con mille sguardi fissi su di lui.... E il tempo scorreva... e scorreva; ed egli rimaneva sempre più fermo, inetto... incapace a tutto da vecchio così come da giovine, esprimendo tutto il putrido fango di Adamo di fronte a Iddio e agli uomini. Restava lì, tenendo delicatamente sollevata con la destra una coppetta di vetro finissimo in cui Ebe aveva versato ormai da molti istanti una bevanda amare e dolce di ricordi, di rimembranze fatali e di accuse. La Dea greca della Gioventù, la Coppiera degli Dei, sì... ora era diventata la fedele ministra d'Iddio, e si riversava su Corrado ricordandogli tutti i passati mancamenti avuti ne' suoi confronti. E gli recitava... sì! gli recitava l'Ecclesiaste, con la sua divisione de' tempi della Vita, con le sue Vanità da amare e da disprezzare insieme.
Ma nel frattempo a Corrado si ergeva una strana voce dal cuore... un singulto lieve e sottile che da ultimo gli ordinava "Bevi! Bevi! e ridi!"... un singhiozzo che gli sussurrava che nulla era perduto, che gli cercava di far comprendere che la gioventù era ancora lì, Ebe, in quel calice, sotto la parvenza di quel vino... lì, mista perfino con un po' di sangue del Redentore.... Bastava bere! Bere per ridere, per vivere e per salvarsi... per coprire finalmente con un po' di Gioia l'inettitudine di anni e anni trascorsi a rifiutare inviti, a non sapere come comportarsi, a essere impacciati... a reputarsi indegni di amicizie e di Amore. "Bevi!" continuava a ordinargli sempre più frequente, e fremendo tra il chiasso degli ospiti, ignari di questa battaglia... di questa Waterloo della coscienza... della misera e miserabile mente d'un decrepito vecchietto, forse giunto ai quasi novant'anni perché non del tutto consumato dal corso della Vita. "Bevi! e ridi!".
Eppure, cos'era per Corrado questa voce, questo sussulto leggero e sottile, se non una semplice illusione, un furioso farsi avanti in pieno giorno d'un Sogno beffardo e pungente? Se non un Demòne crudele che gli rammentava i suoi fallimenti, e che faceva questo travestendosi da ministro d'Iddio, e fingendosi voce del Santo Spirito?.... La sua Vita, infatti, era finita, e la sua gioventù era trascorsa; e niente, e nulla gli avrebbe potuto ridare tutto ciò che perdette... sia chiaro, per colpa sua. Ed Ebe se ne era andata altrove, laddove c'erano persone che la meritavano davvero, i veri giovinotti, coloro che sono veramente degni di amare e di provare passioni e gioie; e agli occhi di Corrado, in quel calice la Dea aveva lasciato semmai le sue vesti da lutto per ritornare poi a vestire i più candidi pepli. Tutto era finito. Tutto poteva dirsi finito!
Allora il Signor Corrado tutto d'un tratto abbassò il braccio, la mano... il nappo e, preso da sdegno verso se stesso da un sentimento di ira, lo scaraventò giù, contro il pavimento. Ci fu un piccolo ma assordante rumore di vetro infranto. Tutti si volsero verso di lui; ed egli, timidamente, coprendosi il volto con le mani e abbassando la testa, si mise finalmente a piangere.

Thomas Faed, Oh, Why I Left My Hame, Romanticismo scozzese, Secolo XIX


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XIV del Mese di Ottobre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

giovedì 27 settembre 2018

Ballata - Autunno, mi darai forse un Dì questo poco di Ebe

Autunno, mi darai forse un dì questo poco di Ebe

a dissetàr la noia?....
No! non sarà mai vino, o mosto, o Sogno
colui che riempie il nappo che trabocca.
No! non sarà l'ardore, il cuòr, la Gioia,
d'un bacio il sibilàr che lento schiocca...
non sarà mai, perché è soltanto un Sogno.
No! non sarà che un gaudio mi versa Ebe,
poi ché la Notte inghiotte nel suo mare
l'affogato momento, ora di vìvere,
e di sognare.

Autunno, mi darai forse un dì questo poco di Ebe

a dissetàr la noia?....
Ebe! Ebe! Corre saltellando ovunque
ma non si degna di riempìrmi il càlice.
Ebe! Ebe! Corre danzando e plaudendo.
Dove va? Dove va? A dimenticarmi,
forse, ahi! maledizione dell'Autunno!
E vièn la Notte: inghiotte nel suo mare
l'affogato moment, ora di vìvere,
e di sognare.

Autunno, mi darai forse un dì questo poco di Ebe
a dissetàr la noia?....
Mi darai un sorso di allegrezza e Gioia?
Ma non è l'ora, la Notte, di vìvere,
e di sognare.

Come un nàufrago brama un quieto approdo,
la trambasciata prua lasciando all'onde,
così d'avveràr i Sogni io mi rodo,
e del Destìn disfido ire profonde.
Ma intorno ho sol dell'ombre vagabonde,
e nel vagàr sfaticato e sfinito,
così mi tarda l'osservàr d'un lito;
e vièn sì forte la possa del mare.

Autunno, mi darai forse un dì questo poco di Ebe
a dissetàr la noia?....
Còlmami, Dea, oh Coppiera, di tua Gioia!
Ma non è l'ora, la Notte, di vìvere
e di sognare.

Francis Sydney Muschamp, The Music Lesson, Tardo-Romanticismo inglese, 1896



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XXVII del Mese di Settembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.