Vento, che dici parole fuggenti,
dalla campagna stai alzando la sabbia.
Forse il ruggito non odi, non senti
che esce furioso e va dalle tue labbia,
forse non sai che sembri sollevare
le dune di un ermo molto lontano,
e che pieghi le ramora risorte
dall’inverno passato, e che per mano
prendi le foglie giovinette e morte
e le trascini nel tuo lungo mare,
e non sai che io sto ascoltando i tuoi
salti
sulle tegole vecchie e sopra i tetti,
su’ muriccioli e invisibili spalti
di castelli perduti e maledetti,
sulle campane che placide e calme
suonano le melodie del meriggio
e gli osanna per gli ulivi e le palme;
e non sai che vai a dondolare il riccio
di qualche ippocastano non ancora
caduto dall’inverno e vai a lambire
e a strappare gli stami e le interiora
e i petali del persico e vai a dire
suggerimenti per danzare in mezzo
alla tua voce stridula e gridii
e fischi dentro il tuo ancestrale vezzo
che fa eco a mille saluti e altri addii,
che sei un pöema della pia Natura,
un racconto di Eroi eterei e foschi,
labbi per benedire una radura
di ruggiti e silenzi, e miele e toschi…
E io al tuo respiro freddo, algido,
ottuso,
sto alla finestra e vedo il finimondo,
vedo il tuo passo e vacillo confuso,
vorrei essere te, ossia un vagabondo,
la polvere, la terra, delle carte
che svolazzano, essere la foglia,
le sabbie sopra i campi, i rami secchi,
le pietre e i sassi, andar in altra parte
come in un sogno, come una voglia,
oltre questi orizzonti sempre vecchi..
un sibilo di freschezza, un sussurro,
unisono alla Madre aria che vola,
sopra gli stecchi e l’infinito azzurro
della mia Primavera.. una parola,
una malia di un attimo divino,
verso la sera dai suoi volti oscuri.
Così in te, o vento, m’avvicino
nel regno di quei sogni imperituri.
Fotografia dell'Autore stesso, Massimiliano Zaino Di Lavezzaro, Fiori rosei della Campagna, Martedì V Aprile AD MMXXII.
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