Focolai nella sera e torbide ombre..
ale di stormi che fuggono svelti..
bave di nebbie leggere, ravvolte,
come aspi per ricami funerari…
Focolai come lumini di tombe
che mi fan da riverberi sui celtici
campi dei Raudii dalle tante scolte..
le ragnatele simili a sudari…
Ecco l’Autunno! Il vecchio, amato
Autunno!...
Il mio occhio si è fermato sulle bacche
rosse, sul sangue di una foglia nera,
ha perduto se stesso nella tenebra
del tardo pomeriggio e adesso è cieco:
sente il richiamo delle vecchie vacche
dalla collina dalla spenta cera,
sente un muggito terribile e bieco;
sento le ore che passano veloci,
sento qualche latrato dai sentieri -
da lungi.. un arrostir di castagne
crude,
una pioggia di ghiande per maiali..
un via-vai di becchini con le croci
per mille foglie senza nomi e ceri,
per l’ultimo ramoscel che s’illude
d’aver compagni i germogli immortali.
Sì, ecco l’Autunno! Svelto come il
treno
che a volte va sotto la mia finestra,
con i suoi strilli da Mostro ferrato
e col sguardo stolto di un passeggero…
Poi, è il nulla!... Immensità
silenziosa,
le bacche che si fanno e scarne e
marce,
gli scheletri dei platani che ridono
in una danza della Morte al ritmo
del vento.. i fossi asciutti.. e io che
corro,
che seguo l’eco d’uno stormo e ceno
al buio con il cucchiaio di minestra..
e io che ho freddo: voglio una coperta,
vorrei un calice di Ebe, come un tempo,
una mescita dolce di Falerno..
vorrei che l’ultima amica mia foglia
mi versasse del miele e mescolasse;
ma la foglia si stacca, dondola,
agitasi -
plana come una piuma - avanza, cade.
“Perdonami! Non ho più miele!” e muore.
Ecco l’Autunno! Questa mia stagione
amata e indefinita! E la sua tanta
mestizia e la sua felice avvenenza.
E forse anch’io ormai sono un vecchio
ramo,
ho imparato a piangere le mie foglie.
Nessun commento:
Posta un commento