Stretto in mano e in sul petto ‘l tricolore,
al vento ei si lagnava d’empia Morte,
quei che ‘l stringeva ne fuvvi ‘l cantore
e al spirar ne mirava l’ombre assorte.
Pel guerresco soffrir piagnea e all’assorte
nubi del cielo ei n’orava e al Signore,
e presso le celesti e invitte porte
all’Italia volgeva ‘l suo dolore;
e velato e scomposto e ‘l ciglio e il core
pell’alta Patria e a Iddio spirò da forte,
cui e al natio suol ne spremette l’Amore,
speni e antiche e possenti e mai risorte.
La sua lacera gola or sanguinava,
e in sulla fredda terra ei si giaceva,
donde co’un spiro alle sfere ei cantava:
cantò l’Inno guerrier che gli doleva;
e in mezzo a tanta e bianca e rossa bava
al Signore dei Giusti si volgeva,
e morendo diceva
alla Patria soffrente, e nostra balia,
co’ singhiozzi feroci: «Viva Italia!».
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