L’aria va zingara
per
buio cielo
dove
rammenta
un
po’ di nuvole
un
fior di melo
su
una via lenta,
forse
una pallida
rosa
purpurea,
nel
Temporale
che
vedo insorgere,
fauce
cerùlea,
battito
d’ale.
Fuggon
le rondini
d’in
su’ i miei tetti,
vanno
lontano,
sentono
i fulmini,
i
tuoni infetti
dal
loro arcano.
Gli
eterni brillano
vasti
orizzonti,
nei
quai mi giacio
forse
beandomi
dei
loro monti,
del
loro bacio,
sublimi
Anime
d’ignote
terre,
che
non conosco,
che
a me qui tornano
da
vecchie guerre,
bevvero
un tosco,
labbra
venefiche
della
Natura,
della
Tempesta,
come
mi versano
la
Vita dura
nella
mia testa,
come
mi cullano
or
brontolando
tra
le säette,
un
po’ sonnifero
blasfemo
e blando
delle
mie vette.
Fuggon
le allodole,
strillan
chiassose,
lo
strido echeggia
su
di me attonito,
sulle
più ombrose
legna
di scheggia,
sull’onde
ripide,
del
vento sacre
vittime
crude
che
le sacrifica
un
urlo alacre
di
piove ignude.
Scende
la grandine,
un
campo miete,
fende
le spighe
del
riso immobile
che
non ha sete
di
rogge amiche,
dove
mi supplicano
le
miti rane:
“Dammi
un aiuto!”
mentre
non gracidano
a’
nubi insane,
stagno
perduto.
Ma
già qui splendesi
un
fuoco intenso
che
certo è il Sole,
ben
oltre i valichi,
brilla
d’immenso,
tra
l’arie viole:
e
scopro mutolo
che
è solo un lampo
col
tuono torvo.
Mi
scuote orribile,
non
v’è più scampo…
nero
di corvo.
E
sul suo tremito
cuore
sublime
che
già m’inghiotte,
tra
tanti brividi,
vien
la sua fine,
vien la mia Notte.
Joseph Mallord William Turner (1775-1850), Paesaggio con Temporale che arriva, Romanticismo inglese, 1840.
Massimiliano Zaino di
Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì XIV Agosto AD MMXX.
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