Forse a te scrivo, oh intemerato Nulla,
e penso: Sogni e Vita,
un duälismo perenne, fanciulla
della Sorte svanita;
o forse alfine naufrago nel cuore
nell’immenso dolore,
nel ricordo di quel che un giorno fu! E
non fu che un incubo
la giovinezza,
la malediva
nel ciel un angiolo,
la fredda brezza
d’alba corriva,
la consumavano
i muti pianti
presso una via,
dove tra spasimi
urlàvan canti
di Poësia,
e ora precìpitano
l’estive foglie
intenerite
dal giorno pallido
che le raccoglie,
ombre ingiallite.
Rimane il palpito
d’un sogno amaro
che lento muore,
e quest’Ocèäno
m’è pur sì caro
nel terso cuore;
e mi domando a che il Tempo sia questo,
dove ho vissuto da inerme Poëta.
Così irrisolto e con lo sguardo mesto
non mi resta che vìver l’irrequieta
giovane Vita, invecchiata nei sogni;
e tu, cuor mio, perché non ti vergogni?
Massimiliano Zaino di Lavezzaro
Giovedì XXVII Agosto AD MMXV
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