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venerdì 28 agosto 2015

In Ode del Dì natale di Johann Wolfgang von Goethe

Oh bimbo mio, non dormi? Lo sai? È Notte!
Perché ancor muovi il dolce corpicino?
Lo sai che è ora degli Elfi? E nelle grotte
un vecchio spettro ti ordisce il Destino.
Fanciullo mio, non senti? Un lupo insorge
nel Nulla oscuro dei boschi alla Luna;
e tu, non odi che fa eco a una runa?
e che questa nel Fato, oh cuor, ti scorge?
Pargolo mio, la vuoi sentìr la fiaba?
Narra di Thùle, o dell’oro di Saba!
Ma perché ti rivolgi all’Evangelo?
Lo sai che narra del volèr del Cielo?

E or puoi sognare, e quando verrà il sogno
udrai i flebili trilli.
Canterai un dì anche tu, e non mi vergogno,
canto di rose e grilli;
e non senti che un orco si lamenta
con la sua impura lagna?
E quando tu vedrai un Elfo - ombra lenta -
sarai il re di Germania,

e pìccol mio, non odi un mago oscuro?
È l’orma orrenda d’un patto di sangue.
No! è Poësia, non vèr! Fuggi l’impuro
Mostro che osceno nel cuore si langue!
Ma dimmi, bimbo: che mai sogni insonne?
Or t’è mistero la Vita che scruti,
e niente dice, vero? il suon dei liuti?
Nulla i volti e i sorrisi delle donne?
Piccolo mio, perché muovi le gote
sentendo urlàr queste Notti empie e immote?
No! Non ti sia la Vita una paüra;
eterno è Iddio, come pur la Natura!

Vuoi forse udìr la dolce filastrocca
d’uno spettro fuggente su una sella?
E saltella, saltella, e va a una rocca
dove canta d’Amor alla sua bella.

Ma no! Desideri
così dormire,
indagàr sogni,
dove s’annidano
trilli di lire.
Non ti vergogni?

Bimbo mio, i palpiti
ti forgeranno
sacro Destino, e
canterai spasimi,
pianto, l’affanno,
tu, mio bambino, e

plasmerai un’epoca
di Sentimento,
di quieta attesa
d’Amor incognito,
sul patimento,
sulla tua chiesa;

e non piangere se il cuor non si placa
nell’assenza di un volto innamorato.
Lo sai? Una strega ordì una Vita opaca:
tu amerai, ma sarai pur disprezzato.
Oh bimbo mio, non serve lacrimare!
Vieni! una donna, tua madre, ti stringe.
Lo sai che è abbraccio d’un sogno? Una Sfinge?
e lo sai che ti dico? Va’ a sognare!
E il sogno scorre, e vola… e vola via;
e sarà un giorno la tua Poësia!
Non avere timòr del Ciel! Dorate
saràn le nubi; e tu, e tu, il loro Vate!

Oh bimbo mio, la Poësia è negletta,
maledizione degli Dei e dell’Uomo!
Lo sai che un sogno un dì mi ha maledetta
nel grembo mio dove fosti un atòmo?
Ho sentito una maga e mi ha svelato
le tue gioie e i tuoi dolori,
e io tanto piango davanti al tuo Fato,
come a una tomba i fiori;
e tu, fanciullo, nel Tempo saprai
il tuo Destino, e per lui gemerai.
Ma sarai re pel popolo tedesco,
vento dell’alba, alle rugiade fresco.

Oh bimbo mio, perché non dormi ancora?
I lupi che tu ascolti son lontani.
Ma ci sarà un sognàr che t’innamora!
Non è forse l’attesa del domani?
C’era una volta un bambino che nacque,
e la sua Vita dagli Elfi fu ordita;
E lo sai? che piccìn mosse le dita?
che all’aspo e all’ago quietamente tacque?
E v’era un fiore, e stava all’arcoläio,
la margherita del tuo calamäio!
Oh pìccol mio, così ormai ti addormenti!
Sogna! oh tu, sogna! è l’or dei Sentimenti!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Giovedì XXVII Agosto AD MMCXV

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