Come argento si splende ‘l campo in brina,
e i candidi covoni or giaccion scialbi,
e lungo i rivi la neve è ferina.
Pe’ boschi de’i cipressi e de’i prunalbi
le nevi a terra stanno, e ‘l ciel s’oscura
nel meriggio insicuro; e a’ nembi falbi
del vespro che ricopre la Natura
di ghiaccio si biancheggia la radura.
Il Ghiaccio
in su’i Ruscelli
Di vetro si lamenta or l’acqua al gelo,
e lungo ‘l vagolante spir d’un monte
di pallidi nevischi giace ‘l cielo.
Ma al tremulo imbrunir dell’orizzonte
un freddo ghiaccio si sta in su’ un ruscello
che lento e in ansia scorre in sotto un ponte;
e intorno si tormenta un ramoscello
che secco e ignudo piagne al vitreo vello.
Immagini di
Campagna d’in sulla Finestra
Le foreste d’intorno e i rovi scorgo,
e l’orizzonte che in nebbie si lagna,
e de’i campi innevati omai m’accorgo.
Allor che mi dileguo alla campagna
dal finestrel lambito i’ veggo lieve
la ripa che ‘l ghiacciar tra l’acque bagna;
e poscia in tanta e falba e fresca neve
l’effigie addolorata or d’una pieve.
Un Bosco
invernale
Come croci a un cancel del camposanto
ignude se ne stan le piante e l’erbe,
e grezzo si tramonta ‘l Sole affranto.
Or gli arboscelli si posano, e acerbe
le legne de’i carpin ne vanno in doglie
tra ‘l vento che del Nord canta e le serbe
canzon di nevi apriche in sulle foglie
che dal noce e dal pruno ‘l suol accoglie.
Un Murmure
nel Pineto
D’un ruscel che si scorre al cor d’un bosco
tristemente s’intende un grido arcano,
e quivi, nel pineto, ‘l ciel è fosco.
Tra l’appuntite chiome or n’ha ‘l fagiano
nel verno che s’espande un’orba cuna,
e le pigne ne geme un ramo insano;
e solo qui la
Vita , in pia laguna,
nel dì ghermisce ‘l Sol, la sera in Luna.
Un Nocciuòlo
di Campagna
Alle ripe d’un rivo or solitario
un arboscel si lamenta alle nevi
e al cielo che s’ammanta funerario.
Non ha più ‘l suo fogliame, ne ha sollievi,
e degli ultimi stormi ammira ‘l volo,
e a’ suoi piedi i ghiacciar son tristi e grevi;
e l’ansia primavera attende in duolo.
Oh miserrimo e mesto e bel nocciuòlo!
I Fiocchi di
Neve
Nella Notte si piove e all’aura bruna
si scendono i cristalli in scialbo argento
tant’è che pianto son di scialba Luna.
Lampeggiando di stelle e al cor del vento,
alluminano etesi or l’orizzonte
e al ballo delle nubi in torneamento;
e inebriano le fronde, e i rovi e ‘l fonte,
e in lor si cola l’oro in sopra a un monte.
Tra’i sterpi e le foreste e in torva sera,
spasmando oscura e in terribile voce,
come un spettro sen va la rea bufera.
Sen vagola spettrale ed empia e atroce,
e in mezzo al nembo che giacesi cupo
sempre più si lamenta, ed è feroce;
e come un’onda insana, a un vil dirupo
crudele si propaga, e grida e piange,
com’occhio d’una belva, occhio di lupo.
Così in su’i boschi al gelo ormai s’infrange,
qual possa delle Norne, e di falange.
Un Tramonto
di Giaccio
Un festevol tramonto al ghiaccio splende,
e nel rubìn de’i nembi e delle cime
Ne’i cieli ‘l verno che dorme in sublime
sonno in placide forme affanna ‘l senso,
e grondano le nevi a’ boschi e all’ime
convalli, e alle montagne; e ‘l ghiaccio denso
febbrilmente s’irrora, e al novo giorno
tra’i campi e le campagne or giace immenso.
Allor l’aurora biancheggia d’intorno,
fredda come lo stril d’un tenue corno.
Luna di Neve
Di nevi si risplende in ciel la Luna ,
e d’argento lo stral ne compatisce
l’impronte della Notte ombrosa e bruna;
e in cielo ‘l verno or mai più si finisce,
e ‘l ghiaccio si distende sepolcrale,
sicché la fredda terra ne ferisce.
Allora questa Luna ‘l vespro assale,
e più del ghiaccio or sen va alla riviera,
e un alito ne soffia, e un maëstrale;
e nell’ansia e crudele e tetra sera
tristemente risplende oscura e altèra.
Il Noce della
Strega
A un noce si lamenta una congrega
che a un crocicchio si mòve in cupo manto,
e qui spietatamente v’è una strega.
Tra gli aridi fogliami emana un canto
che di strazio ne colma ‘l torvo verno,
e d’un lamento e d’un spasimo affranto.
Par che fora un latrato in tristo Inferno,
e che un lupo feroce al ciel ne gridi:
un regno della Morte, un duolo eterno.
Così gl’incanti vanno in sotto a’ nidi,
e tetri sono e fieri, e ansiosi e infìdi.
Un Corvo
affamato
Un corvo a un campo ne cerca un granello,
e tra ‘l ghiaccio ne mòve l’orbo artiglio,
e pallido sen va al vicin ruscello.
Della fame ne corre ‘l gran periglio,
e indarno tra le paglie or raspa ‘l suolo,
e ‘l fa per tanto e a lungo, e quasi un miglio.
Ma alfine si distende a’ terra, e presso
la forma consumata d’un bel fiore
febbricitante grida; e tace adesso
chè scarno all’ale e in volto omai si muore.
Ferocemente ‘l vento a’ boschi vola,
e i gelidi carpin or piega e fere,
e ‘l ghiaccio che si forma ne consòla.
D’invisibili e triste e nivee cere
qui palpitando or nel volto ei si pinge,
e sempre ne serpeggia in queste sere.
Allor nell’insicuro e tenue cielo
un alito s’espande antico e mesto:
un perenne e fatale ed empio gelo
che nella nova Notte or fia funesto.
La neve ne discende al sepolcreto,
e alle cripte s’infuria e pe’ gli avelli,
e ne ricopre ‘l vicino pineto;
e cantano innevati i mesti augelli
che vegliano alla Morte e agli ansi spettri,
e a’ compatiti marmi e cupi e belli.
Qui una croce si giace in neve scialba,
e ‘l sepolcro sen dorme in tanto argento;
e quando ne risplende in cielo l’alba
tra le fosse s’invola un freddo vento.
Morte
invernale all’Orizzonte
Scialbo e tenue e febbrile l’orizzonte,
come una croce a un sepolcro dorato,
di Morte inebria un monte,
un valico del Fato.
tra le nevi cosparse in ansie geme,
e qui funerea e oscura
perfin ne fia la speme.
Una Sinfonia
d’Inverno
I cembali feroci e i tintinnii
de’i freddi violoncelli a’ nivei fiocchi
discendon pe’i pendii,
e n’han funerei gli occhi.
Così pell’aër freddo e in cielo e intorno
un clarinetto ombroso or grida al vento,
e a caccia strilla ‘l corno,
un piffero in tormento.
Insipiente n’ammiri ‘l vil mistero,
e ‘l mesto e affranto senso, oh folle core!
Nel ciel notturno e nero
v’è solo ‘l reo dolore.
Pur non guardar per questo or più lontano,
ne volgere ne devi un vago addio.
Senti che ‘l sogno è vano,
ma sappi che v’è Iddio!
Massimiliano Zaino di Lavezzaro
Venerdì IX, Sabato X Gennaio AD MMXV
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