È un fiorellin di campo nella sera,
o è un po’ di paglia nella nebbia, o un
muro,
ma niente è come i miei sensi in preghiera
quando adorano un che di Vivo e Oscuro.
Frattanto, io sto appoggiato alla
ringhiera
d’un verone fatato e m’avventuro
a contemplare le stelle e la cera
del Sole morto e il misero abituro
d’un eremita di vecchia montagna.
Sento gridare un tremulo Calvario,
ho un tremito per le ossa.. fino in
fondo.
Mi perdo su una strada di campagna.
Poi, corro - sulle vette… Io - solitario
-
dai ghiacci m’ergo a dominare il mondo.