Dorme la neve per le solitarie
vie,
dove i lumi della sera immenso
buio
scrutano e, dal vetro che li copre,
la
mia finestra leggiadra, la cena
che
fuma nella stanza. Fuori, piove
leggermente,
frattanto. Ora è l’inverno.
Gelano
i campi. Freddo è il Sole. Oh inverno!
Le
tue candide nevi solitarie
mi
osservano furiose, e il tuo cuor piove
malvagi
ghiacci sopra l’occhio immenso
della
terra dormente. Or senza cena
un
pettirosso muore, e non lo copre
di
sacre zolle il giorno, ma lo copre
il
teschio della Luna. Oh tu… empio inverno!
solletico
per la tacente cena
con
questo pane freddo e solitarie
tavole!
Ignori il suo dolore immenso,
il
dolor del suo nido, dove piove
dentro.
Forse ti piace… forse piove
la
tua crudeltà oscena, che mi copre
anche
le attese per i Sogni, immenso
grido
d’un fio inappagato. A te, inverno!
A
te! Queste pallenti e solitarie
luci,
simposi e Dei della mia cena!....
A
te, le maledizioni! A te, cena
(di)
morti che si guardano il piatto!.... Piove…
vanno
a dirotto piogge solitarie,
e
so che l’orizzonte - ancora! - copre
di
neve il mondo. È questo dell’inverno
il
melanconico istante… è l’Immenso.
Eppur
m’è caro! E m’è triste!... e il suo immenso
fascino
un po’ m’invita alla sua cena.
Che
cosa mangia? Che mai beve l’inverno?
Mi
chiedo… e so che inghiotte quel che piove,
zingaro…
vagabondo che si copre
coi
ghiacci delle steppe solitarie.
Chiamate
nell’Immenso, oh solitarie
nevi
tutta la mia cena!... e sia inverno
un mio amico che piove!.... Il buio ci copre.
Quadro di Arseny Ivanovich Meshchersky (1834-1902), Inverno. Il Ghiaccio si spezza, Tardo-Romanticismo e Realismo paesaggistico russo, 1878. |