Se il verno si ricopre d’una maschera
di Carnevale,
se per le nuvole dischiude l’ale
il trillo o la canzone d’una nacchera,
se la Luna giuoca da mascherata
e fa festa,
se non hai ancora coperto la mesta
occhiaia del tuo dolore arcano,
o i tuoi occhi vestono le larve d’una
lince o d’una pantera
o della stessa Luna, o d’un astro
lontano;
se ti nascondi ancora - questa sera -
in qualche vecchia stella
o nel glauco mantel di Pulcinella;
se dietro quel velluto o quella seta
scura o scarlatta
si celasse una Dea o una fanciulla
matta
d’Amore, o una meta
più vera di soffranza e più che bionda
una chioma triste da moribonda
o un cadavere gettato dall’Ade;
se si contassero i baci dannati
e il bacio che ricade
su quella guancia d’ossami incarnati
che attendono il momento della Morte
e della Sorte
e di tutto quello che è tristemente
Vita e Mistero;
se una viola abbellisce il cimitero
di qualche tomba mesta e decadente
e l’ellera che sale sul pinnacolo
crociato d’una pallida cappella
ti dicesse, o bella,
“Qui dove vai, finisce lo spettacolo:
tu premi la cenere d’Arlecchino”;
se ricopri la terra co’ tuoi fiori
negli ardori
del tuo rapimento vecchio e divino;
allora sei tu un Sogno, o Persefòne,
saresti una chimera piatta.. greca,
una reliquia d’una carnagione
che mi guarda bieca..
una triste vision primaverile
con lacci d’una maschera di rose,
scialba come le mimose..
e - sotto questa maschera - una Dea
rapita,
una ninfea
quasi sciupata, sì.. come la Vita,
e dietro tale Vita, forme assorte
nel buio: una maschera di Morte.
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