Vorrei scriverti parole di cembalo,
parole suadenti di pianoforte.
Odi? Suona un trillo di Amore; è il
cembalo
della Notte, della Vita e la Morte.
Vieni! Accordiamo insieme lo strumento,
tu con la voce di fiori io di laùto,
per comporre dei Versi in mezzo al
vento,
al vento che grida, ma al vento muto.
Attendi! Io ti scriverò una Musica
come un trillo di corde di violino;
ma anche tu mi scriverai un’altra
Musica,
vorrei fosse quella d’Amor divino.
Ecco, questa è dunque la sinfonia
del mio Inverno e della mia Primavera
e dei nostri attimi e della Pöesia;
ma attenderai con me altra Primavera?...
Vieni! Io voglio vestirti di bei fiori,
non perché ignuda, non sei, ma perché
saresti più bella con questi fiori
che non fan altro che chieder di te.
Vieni! Io voglio vederti come Dea,
oltre la tua sembianza transumana..
sì, dimmi se sei degna d’esser Dea
per una mia Pöesia antelucana!
No! Non saremo più insieme sul solito
prato a osservare il Sole che tramonta,
non saremo nel giardino, nel solito
prato dove la rosa ci confronta.
No! Non saremo in mezzo ai fiori e al
miele,
e in mezzo ai mirti e alle viole
suadenti,
o in mezzo agli aranci e ai limoneti o al
fiele,
perché poi i fior ci siano più
suadenti.
Addio, alba lunare, bella e sublime!
È arrivato il momento della bara:
il mio pöema chiuderà il confine,
il panno della nostra Vita amara.
Ma io non morirò questa Notte e tu
resusciterai ancora da domani.
Inizierà un nuovo pöema. Tu
e io uniti ancor per päesi lontani.
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