Io vorrei schiudere un canto d’Autunno
che abbia in sé la bellezza della
nebbia,
il lezzo delle foglie a terra e l’oro
di un tramonto precoce quando viene
la sera con il suo cupo sorriso,
con la sua lagrima e con il suo nulla.
Vorrei cantare come ombra dal nulla
una canzone simile all’Autunno,
simile al mosto frizzante e al sorriso
di una ragazza.. di una Dea di nebbia
che qui, come Ebe, delicata viene
a versarmi nel nappo il vino d’oro.
Vorrei suonare inni di foglie all’oro
del Sole che decade nel suo nulla
perpetuo - per una notte - e che viene
e torna, timido all’alba d’Autunno,
per indugiare con me nella nebbia
pallido come smorto è il mio sorriso.
Vorrei che urlasse proprio quel
sorriso,
come lampo d’Estate, come l’oro
d’una stella piccina tra la nebbia,
e come fuoco nel buio o nel nulla
di queste paglie e quei campi d’Autunno,
quando Novembre tristemente viene.
Vorrei tessere a chi passa e a chi
viene
quasi un canto di lugubre sorriso,
quasi un lamento dello stesso Autunno,
delle stesse fogliolette scialbe d’oro,
del medesimo dominio del nulla,
della medesima piccola nebbia.
Vorrei essere io stesso quella nebbia,
quei suoi occhi.. quel suo sguardo che
viene
a darmi un Mistero, quello del Nulla,
vorrei essere lo stesso suo sorriso,
il suo sogghigno, il suo fogliame d’oro,
essere chiamato col nome Autunno.
E odo Ebe nella nebbia e nell’Autunno,
ombra che viene.. che esclama dal
Nulla:
“Dammi nel sorriso una bara d’oro!”.
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