La sera è un’ombra che cammina lenta,
che assaggia sopra i tetti oscuri
qualche
cucchiaio di risotto e di castagna,
e che si presta da mantello ai vecchi
fogliami infreddoliti tra le calche
delle vie romite e della campagna.
Èllera arrampicante sulla Luna,
come filari di cipressi muti,
ghirlanda per il vivo cimitero
delle stelle infinite, eccoti, oh sera!
con i tuoi labbi convulsi e perduti
che annunziano dovunque la sciagura
del tuo regno meschino, e con il nero
tratto d’un ghigno ferale che grida..
che piange.. che dispera,
in profondissimo inno di silenzio.
Io, invece, attendo il tuo conforto.
Dolce
è udire dalle tue labbia di tenebra
mille parole di sogni fuggevoli.
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