Cinerino m’è l’aër di Settembre,
mi sembra buia la sera che sovviene
e la melanconia di questo istante
mi scuote, come brivido, e mi parla.
Dalla finestra incrociata le tempre
del primo freddo le mie mani piene
di vento assiderano, come molte
spade di ghiaccio… E vien l’ora di cena,
l’ora dei primi brividi autunnali,
il ticchettio che mi chiama a guardare
il grigiore di nuvole errabonde
sopra le ali dei piccoli aironi,
trascinatori dei miei desideri.
Insiste, intanto, in me un brivido
gelido,
un’isola di ghiaccio in mezzo al mare,
pallida come ragnatele argentee
sulle paglie smagrite dell’Estate,
covi di ragni e di bellette profonde.
Né si placa, se guardo il Sole ancora
estivo, né le foglie ancor virenti,
né il gomitolo caldo dei sentieri
che il canto lieto delle rane bacia.
Ma diventa più forte quando sento
i cani della cascina che abbaiano,
come se mi mordessero feroci,
come uno sfregio di odio alla mia
faccia.
Poi due lagrime appaiono al mio sguardo.
Ho due colpi di tosse… Smarrimento!
Raffreddore, veleno per disii…
Mi agita brividi anche il corno muto,
immaginato di una ignota caccia,
mentre la notte mi fa ancor più triste
e si appresta a sconfiggere ogni lume.
Un sol momento.. due o tre luccichii…
Dopo, tutto si spegne interminabile
battaglia di ombre e spiriti
aggressivi,
prosieguo eterno dei sanguigni Raudii.
Brividi! Brividi! e nient’altro.. agile
pugno di brividi orrendi e furiosi,
come nei vorticosi girotondi
delle Silfidi, come aspri pugnali
col sanguine di Cesare che muore.
Ma anche se è bello questo senso freddo
simile a un grido di pugna e di guerra,
mi manca da scaldarmi un vino caldo,
delle gocce di miele per golosi,
altre braccia, due abbracci vagabondi,
la coperta divina dell’Amore.
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