I’ so che nel Paradiso mi vedi,
che
i disiati attimi mi bilanci..
che
ancor, o Musa, io sto chino a’ tuoi piedi.
I’
so che attendi un canto sugli aranci
bianchi,
que’ dei tuoi occhi che mi fêr smarrita
l’alma,
con questi sguardi che mi lanci.
Come
un racconto ti cangia la Vita,
è
così un Sogno che mi cangiò Amore,
quando
del Sol sai che fiamma è assopita.
Questo
è il sognar che sovvien di dentro il core,
il
primo bacio ambendo da una bocca,
folle
delirio e farmaco al dolore.
Se
occhio non guarda gli occhi, un altro schiocca
profondo
accento dal sospir sì lieto,
che
qual carezza è in su una bionda ciocca.
Così
fu per Ophelia e per Amleto,
per
Lancellotto e Ginevra la bella,
donde
d’ Amor parlò il silenzio inquieto.
Or
dondola la Notte per la stella
di
Venere. Che il Sogno mi si svegli!
corsier
veloce dall’ardita sella…
vo’
che un cenno d’Amor in me si spegli
come
spegliansi l’altre foglie a un lago,
col
rider d’un volto che non si celi!
E
sognando così intendo e divago,
finché
un senso di bacio non m’assale
col
dolce punger d’un tremolante ago..
e io salii come Anima viva sale.
Quadro di Gaetano Previati (1852-1920), Paolo e Francesca, Tardo-Romanticismo, Scapigliatura, Divisionismo italiano, 1887.
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