Di miele è il canto che ripete il flauto
del
risveglio dal sonno fremebondo,
dove
Orfeo inneggia alla Vita che riede,
e
mescono le Baccanti dai gelsi
i
falbi fiori, e dove l’animale
Amor
insegue e Citerea lo chiama,
le
rose e i mirti intrecciando, a corona
di
tanti baci. A piedi ignudi, intanto,
il
vento, con le sue Silfidi ombrose,
davanti
a me, respirando la terra,
le
viole infiora, dal purpureo alito
dell’orizzonte
serotino. Dopo -
mendicando
- l’inverno vuol tornare,
e
il brando impugna dal fianco nebbioso,
a
disfida volgendo i suoi occhi irati,
come
un Divo geloso dell’Olimpo.
Ma
il canto suona di nuovo, solenne
inno
di trionfo e di santo Mistero,
come
una danza di glauche Anime sorte
dall’Ade,
fide compagne e melliflue
ancelle
di Persefòne. E risuona
anch’essa
- qual fia un’arpa - una leggera
piova
di melograno, sacra a Cerere.
Oh
Orfeo! Commuovi tuttora l’Inferno,
di
Cerbero la fame ancor placando,
nonché,
supplice al trono di Plutone,
richiami
i fiori alla risorta Vita..
e,
usignuolo, t’involi nella sera
ramingo
e solitario, verso il Fato
che
destinato t’hanno gli Dei avversi!....
Così
pensando, ho deciso: il fior colto
dal
primo prato poserò allo stagno
delle
ninfee.. lo addormenterò bello,
nel Nulla della tua Morte ridente.
Quadro di John William Waterhouse (1849-1917), Studio per Ophelia, Scuola dei Preraffaelliti, Tardo-Romanticismo e Simbolismo inglese, 1908.
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