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venerdì 30 ottobre 2020

Sonetti al Saluto di Novembre, Tempo di Fole e di Morti

 Sonetto senza Rime - Un’Ombra si riflette sullo Stagno

 

Un’ombra si riflette sullo stagno

notturno, tra le ramora spogliate

e le natanti foglie impallidite,

dove a’ miei sensi la nebbia è sepolcro.

 

Non so!.... Mi sembra una confusa immagine

degli abissi fangosi… una Rusalka

che giuoca a nascondino con le rane,

ella quel vento solleticando agile

 

che novembrino soffia, sepoltura

delle giornate serene. Ma, adesso,

che sta immobile come una morente

 

quercia… ora, che mi osservo attentamente,

nel profondo del vortice stagnante,

in lei mi vedo, illagrimato specchio.

 

Sonetto senza Rime - Senti!.... La Danza, i bei Piedi che scalpitano

 

Senti!.... La danza, i bei piedi che scalpitano!

Chiamala leggerezza d’un fantasima,

strascichi inquieti di vesti spettrali!

Di’: oh mie Villi! Oh Novembre! Amica terra!

 

Terra dei Morti, dei Santi… dei folli!....

Oh visionaria mia Anima! Tu tremi,

ormai, nel fitto di questa foresta,

miasma di Vita e trapassata speme.

 

Così t’inquietò la civetta urlante.

Ma la Notte ti chiama… ti rapisce

un’altra volta ancora, mare eterno

 

di misterici culti cui dai i nomi:

follia… attesa… päura. Nel buio

è un altare… una croce e un lumicino.

 

Sonetto senza Rime - Vi abbiamo benedetti dalla Terra

 

Vi abbiamo benedetti dalla terra,

ci voleste dispersi, o ossami in urne

dimenticate e sconvolte. Chi piange?

Chi versa lagrime agli estinti?.... Un Requiem

 

l’aspersorio predice il nostro Fato.

Aeternam… per così poco viviam,

spettri di vermi che sognan l’Ignoto

in una tomba di pietra. Dona eis,

 

Domine. E voi, benedetti, piangete

sulle nostre miserie, che infallibili

si propagano per sempre. Dona eis,

 

Domine. Viene presto la perpetua

sera ad alluminarci – impallidendo -

con quella Luna che non ha più fine.

 

Sonetto senza Rime - Chi calpesta le Foglie, qui strisciante

 

Chi calpesta le foglie, qui strisciante…

agitando le vie? Chi corre?.... Fugge

uno spettro orrorifico. Oh illusione!

Or dunque chiami nebbia pur te stessa!

 

Ma so che ora mi inseguono i fantasmi,

circonfusi di vento: denti e fauci

di lupi inquieti ai quali turbai il sonno,

il lor nome di fola esorcizzando.

 

Lo sai? I Pöeti hanno päura di Ecate,

come i fanciulli. Madre! Oh madre… narrami

un’altra fiaba! Ahi, poss’io riposare

 

tranquillo in questa Notte! Risvegliarmi

all’alba nuova, e chiamare miei amici

i Mostri oscuri del mio buio Mistero!

Quadro di Witold Pruszkowski (1846-1896), Śmierć Ellenai (La Morte di Ellenai), per il Poema Anhelli di Juliusz Słowacki (1809-1849), Tardo-Romanticismo polacco, 1892.

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì XXX Ottobre AD MMXX.

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