Il lago palpita,
dal fresco lido
v’è la montagna.
E tu, e tu, oh càndido,
esci dal nido.
Che è questa lagna?
Cigno dei monti, perché piangi all'acque?
Forse è la rosa che scorgi e che grida,
e che appassisce, come un'altra giacque,
e un fiore della Morte in te s'annida.
Vedi? I suoi steli decadono, e lenti
ondeggiano sul lago; e va il tuo canto
a seguirli, e l’Ignoto asperge il pianto
di lunghi e incerti e intensi patimenti.
Ma non sai che defunti i canti, i tuoi,
i tuoi Destini, ahimè, saranno i suoi?
Non finìr di cantàr! La Sorte vede!
Se un cigno tace, sai tu che succede?
La rosa è l’ultima
del monte estivo.
Cantale un salmo!
Non sai che il petalo
sarà giulivo,
forse più calmo?
Ala di Luna, perché questa danza?
La rosa muore, e tramonta l’estate.
No! Non tacèr! Continua la romanza!
Sii tu del Fato il sempiterno Vate!....
Ma perché il fiore che annega s’avanza?
È il rosso sangue di sere dorate;
e nella Notte che viene s’ammanta.
Anima mesta, perché il cuor ti canta?
La Morte è in spasimo,
tinta di nero.
La senti, oh mesto?
Silenti i gemiti
del cimitero,
Fato funesto!
Rostro di nenie, non odi il silenzio?
È la valle d’intorno che guaïsce,
un labbro muto attoscato d’assenzio.
Vedi la rosa? Un’onda la ferisce,
e nel perenne flutto la trascina,
dove il lago in furòr la seppellisce.
Oh perché, oh cigno, ella non s’incammina
sotto le tue ali, cui l’acqua addestina?
Devi sol gèmere!
Oh falbe penne,
non v’agitate!
La Vita spasima,
volto perenne.
Perché lagnate?
Cigno in singhiozzi, perché piangi il fiore?
Non fu che vano, e vanamente langue.
Ma non era il tuo sogno? era l’Amore
che il tuo cuor lamentava in tanto sangue?
È morto! È morto! e il sognàr è finito,
e non ti resta che un canto d’eterno,
qui prolungato all’autunno e all’inverno;
e se vuoi, muori! E vedrai l’Infinito!
La rosa annega, e tramonta e scompare,
come fa il Sole al termine del mare.
Una speranza d’Amore è sepolta.
Tace il tuo labbro. La Morte! Ecco! Ascolta!
Massimiliano Zaino di Lavezzaro
Martedì XVIII Agosto AD MMXV
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