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mercoledì 22 luglio 2015

Rapsodia romantica della Foresta d'un Bardo

I. Salici d’oro dei monti dei bardi,
perché non odo le canzoni antiche?
E qui il Sole tramonta; ed è ormai tardi
i misteri svelàr dell’erbe apriche.
Forse qui il bardo lagnava il suo canto,
ode d’onore, e d’affanni e di guerra,
e intorno sanguinava l’orba terra,
dove il guerrièr s’aggirava in un manto. 
Silenzio oscuro e tacente ora sento,
le frasche sibilàr a un tetro vento.
Salici d’oro, perché non cantate?
In un mare di spettri son io il Vate.

II. Cantava il bardo! La fanciulla mesta
l’orme del suo guerrièr svelta seguiva.
Scrutava i fior, e i gelsomìn, foresta
oscura e cupa che ai monti smarriva.

Una corona di mirto alla testa
ella mostrava, e andava in riva, in riva,
e tra le fronde una freccia funesta
erroneamente nel cuor la colpiva.

Così e mentre nel ciel vi fu Tempesta,
silenziosa e soffrente ella moriva.

Cantava il bardo! Che ella fu confusa
da un cacciatòr per una cerva, e al cuore
ei la feriva. E il bardo alla sua Musa

cantando singhiozzava di dolore;
e seguitava! Oh mest’Anima illusa:
quei che vibrò la freccia fu il tuo Amore!

Trillava il bardo la sua cornamusa;
e un silenzio giungeva, e poi il sopore.

Elegìa a lei che muore!
E venne estate, e fu autunno ed inverno,
fuggiva il Tempo. Rimase l’Eterno.

III. Sogno dei bardi e dei canti normanni,
perché mi gridi i pensièr d’un Tramonto?
La Vita passa, e giungono gli affanni,
e dei dolori io non so che racconto.
Mar di mestizia nel cuor mi s’annida,
e le sventure temo, e il Fato; e illudo
i miei timòr con la Poësia, un crudo
patimento che il Cielo mi confida.
Piango su un Tempo che non ho mai visto,
sulle foreste del bardo più tristo.
Sogno dei bardi, che mai è questo trillo?
No, non è l’arpa; è soltanto il mio assillo!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì XXII Luglio AD MMXV

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