Dove voli, oh quaglietta, oh tu, impaurita
dal Destino del Tempo inesorato?
Vai forse all’ermo d’una palma in vita,
sogno d’un cuor; ma non è vèr, è Fato.
Così abbandoni indietro il terreo nido
in cui dormisti nei sogni, e sognando
lì hai tu vissuto, e lì, nel sonno blando,
e al flebile speràr d’un altro lido.
Perché fuggi, e all’Ignoto volgi le ali?
Misera or sogni! Ascolta: i maëstrali!
Trascinata sarai dal vento, e assorta
nel tuo sognàr, ahi, non sarai che morta.
Dove fuggi, uccelletto, e il cimitero
per i tuoi ossami ne fai desidèri?
Fors’anche lungo l’errante sentiero
morta cadrai tra i funerei saltèri.
Il cacciatòr, del resto, che t’attende
le tue carni e le piume ha già vendute,
e non gli resta che con brame mute
aspettàr dove passi; ed ei ti prende.
E vuoi seguire questo sogno, oh mesta,
abbandonàr la Vita e la foresta?
Resta, ti prego, nel tuo alveo silvestre,
o almeno fuggi a un bosco, a un rivo alpestre!
Osi tu cinguettàr, e vuoi morire
nel vivere perenne d’un illuso
sogno, e alle terre più calde vuoi udire
il tetro grido d’un ermo confuso.
Dove volgi, e ove chiedi il tuo precoce
tra ciò che è indefinito, il Fato estremo?
Qui forse, qui, che singhiozzando gemo,
e che t’attèndon tristi e avello e croce.
Oltre il confine dei sogni è la Morte,
e tu, quaglietta mia, vai a questa sorte?
Così nel sonno hai nel sogno il respiro,
e frutto del sognàr, Morte, il deliro!
Forse hai sognato le terre più miti,
dove sempre risplende il fior del Sole,
e i segreti deserti, e alti e smarriti,
e l’oäsi, e tra i dàtteri, le viole,
un quieto colle che non sa la pioggia,
e più fresca la Notte, e delicata,
e pensi e speri: «Ivi sarò cullata
dall’albe dune e al vento che s’appoggia!».
Un sogno: spire or sul tuo ingenuo cuore.
Ma che abbandoni? Le selve e il tuo Amore.
Oh quaglietta, febbrile e visionaria,
no! non abbandonàr questa tua aspra aria!
Né tu ne peni al ricordo dei boschi,
e dei ruscelli freschi, e delle fonti?
E non rimembri come i cieli foschi
illuminàvan i quieti orizzonti?....
Tu sei una stella per la selva e i fiori,
e desìderi tu, lasciarli, oh bruna
ala selvaggia, pallente di Luna,
e udìr non vuoi né strazi, né dolori?
Pensa ciò che abbandoni, oh cuore mio,
ciò cui tu brami cantàr un addio!
E ascolta quel che dice un sognatore
che a sognare ne passa tutte l’ore!
Accetta i sogni che la Notte ispira,
queste Vite alternate al tuo Reäle,
la recondita mente che delira;
ma non seguirli: essi son l’Ideäle!
Vivi il tuo sogno nel sonno profondo,
e non sfidàr la Realtà che sussiste,
né far, oh mesta, di quello che esiste
un più feroce e terribile pondo.
Sogno: perenne il mistero. Sognare
onde furenti cui vai a naüfragare!
Oh mia quaglietta, che giaci assopita,
no! non seguìr sognàr; vivi la Vita!
Massimiliano Zaino di Lavezzaro
Lunedì XX Luglio AD MMXV