Tra le nebbie dell'alba sta il Gridone,
a me dinnanzi come un Mostro insano.
Tra l'orbe brume va la cacciagione,
e il falco e il tordo, e volano lontano.
Forse alle vette, su cui la canzone
melliflua geme, soggiace un arcano:
è un lupo oscuro, con le zampe prone,
ed egli si erge, e ululando è sovrano.
Ora lo scorgo: è su questa magione
che la Natura un dì elevava invano;
e ai cieli e all'alba funereo s'oppone
nel roseo vento, il Sole antelucano.
Atroce ei appare, e in sangue e in libagione,
e mi guarda e mi scruta; e al suo montano
sasso s'adìra, e suònan l'ore none,
mentre le nubi si tìngon di ciano.
Costui è fors'anche il funesto Destino,
che a me dinnanzi crudele si bea,
quando non so qual sia più il mio cammino.
Grida! E la voce mi par che sia rea,
ed è un Orco possente, un dente alpino,
e poco giova l'alba di ninfea.
Giaccio al Gridone, e qualcuno mi vede;
un lupo forse, o il Destino, o il cuor mio,
nè io so capìr che mai lassù succede.
Ma tanto temo, e son tra le sue prede,
e sulle cime mi disperdo; e Dio
mi suggerisce in cuor l'ultima fede.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro
Mercoledì XII Agosto AD MMXV