Voglio scolpirti capelli di foglie,
occhi di pesco, guance di vïola,
orecchie di ninfee con orecchini
di perle e nuvole.
Voglio - per ora - essere pudìco
e non scrutare oltre il tuo collo
bianco
di cigno, oltre le tue spalle di ramora
con germogli di fiori.
Voglio vestirti di rose fiorite
sopra il seno di mandorli ridenti,
sui tuoi fianchi e sul tuo ventre
fecondo,
dove la terra i contadini arano.
Voglio tingerti le labbia di un bacio
che lasci come lo scarlatto vivo
dei tuoi petali stessi, o del mio
cuore,
e dell’aurora,
come il bistro di questa mia canzone;
voglio prenderti lievemente per
il mento, e sollevartelo pian, piano
per ghermirti un sorriso
che abbia come l’alma dei gigli bianchi
e, dalle nari, un alito di Sole
o del vento che scompone leggero
gli orli del tuo peplo.
Voglio scioglierti questo peplo e
quando
sei ignuda dire “Ho creato un’altra
Eva!
Dall’Ade io creai Persefòne!...
Ho creato la Primavera!”.