Nostro Oleg prode, no.. non andrai in guerra,
di Bisanzio esecrando le immense
Aquile!
No! Oh Principe, non cavalcare oggi!…
Oggi
il tuo destriero è impazzito. L’ho
scorto,
gli Oscuri disvelando del Destino..
l’ho visto: il tuo palafreno sarà
colui il cui nome è Vendetta.. il cui
nome
fia Morte. Oh Principe, oh nostro Oleg
prode..
ascolta! È il Fato stesso che ti parla,
perfino gli Asi nel Valhalla d’oro
di questo Fato serbano timore;
e perciò ti rivelo: ascolta sùbito
dell’indovin che son io l’alta voce!
Via, profeta d’orrore. Sono o non
sono
il Saggio che finora ha dominato
degli Slavi l’immensa ignuda terra?...
Non vedi?... Lì Bisanzio già ci
attende,
lì un rogo immane il mio cuore ha
sognato:
tutto a fuoco cadrà e io spargerò il
sale
sopra le loro mura, sulle chiese..
gli uomini trafitti dalle lance,
le asce grondano sangue dalle teste
mozzate, pianto di bimbi si irrora
nel cielo grigio di fumo, le donne
a seno ignudo come trofei sfilano,
le faide per il bottino dei prodi,
le Valchirie raccolgono gli Eroi…
Ahah! Tu mi fai ben ridere, oh
profeta!
E io timore dovrei aver d’un cavallo?...
Ma giacché insisti, ebbene! allontanate
questo mio palafreno, che sia libero
per le praterie della steppa eterna;
altri cavalli abbiamo noi, di Rjurik
figli e un altro destriero prenderò
per la battaglia. E tu scriverai
ovunque
che il Saggio tratto ha in inganno
anche il Fato!
Oh Saggio.. Saggio! Insipiente
dassenno
sei tu! Tu che hai perduta la
battaglia
sotto il sogghigno di Bisanzio lieta..
tu, che in rotta fuggisti.. vivo, sì,
ma nell’orgoglio ferito e annientato..
tu che così preferisti vergogna
a una Morte dal Destino decisa..
tu che non sai che quest’ultimo
sempre
ti scruta e segue.. tu, che ignori l’odio
che l’invidioso Wotan per te nutre,
che non vedi i suoi corvi, ovunque
attenderti,
della sua sacra lancia a compiere
alti
i decisi Destini… Ed è così che un
giorno
hai ritrovato il tuo antico
destriero.
Lo hai rivisto nella prateria,
sfinito.. morto.. scheletrico..
ossuto,
solo le briglie e le disciolte redini
ti dissero “Costui era mio!”… E a
lui, svelto,
come un uom che va incontro a un
vecchio amico
baciato dalla Morte, or ti
appressasti.
L’Eroe piangeva per il suo cavallo,
nulla commosse mai di Rjurik prole,
ma il pianto al Saggio il suo
destriero morto
provocava. Ah, insipiente e non più
saggio!
Ricordi, Oleg, il mio aspro
vaticinio?...
Ucciso cadrai dal tuo palafreno.
Allora Oleg il Saggio si avvicina
alla carcassa amata e,
inginocchiatosi,
accarezza le zampe fatte ossame..
le saettanti zampe della steppa
e con il suo mantello il corpo copre
della misera bestia.. e piange.. e
piange,
non sa più cosa fare, sembra quasi un
pazzo,
maledice il profeta di sventure,
esecra pur se stesso e il suo Destino.
Ma ecco che, preso in un abbraccio il
cranio
amico, da esso sibila una serpe
che il Saggio morde al collo
insanguinato,
l’angue stillando il tosco nelle
vene,
sì che il respiro affannoso diventa,
e gli occhi tutti s’annebbiano e vien
meno la voce, ma solo tremori,
spasmi.. rantoli oscuri di dolore,
una risata disumana e arcana,
l’indovino dileggia il suo Principe…
Come volle il Destino dal suo Regno,
trucidato dal suo stesso cavallo,
Oleg il Saggio era, ora non è più.
In Memoria di Aleksandr Sergeevič Puškin e di Nicolai Andreevič Rimskij-Korsakov.
Nessun commento:
Posta un commento