I. E vennero le nebbie a ricoprir
l'Immenso. Ora l'Inverno regna alle ombre
offuscate del giorno. Ora il ferale
manto di tanti spettri ulula e grida.
No! non v'è più del Sole una lanterna
scialba. Ma suonano i bronzi di Morte,
rintocchi cupi per un cuor che geme.
Nell'incanto: l'inverno, tu, io... insieme.
II. Sempre ho saputo che la voce buia
delle brume invernali m'è il gridìo
d'un corvo. E vola la gazza sui rami
scheletrici dei pioppi. Ella, oramai, urla
per l'insistente fame... e trema... e muore,
sì che la sua ombra sui piedi mi cade.
Oh corvo! dimmi tu cos'è la nebbia!
Bianca scintilla... luce... agli occhi, oblio.
III. Non veggo più me stesso al freddo speglio
del ruscelletto smorto. Ma infinite
nebbioline selvagge si precipitano
sul mio sguardo tremante. Io per il gelo
confondo il Sole con la Luna, il giorno
con il Mistero della Notte, Dea-Ecate.
Mi resta un carme di sepolcri e tombe,
nella man l'arpa che un dì fu d'Orfeo.
Johann Jungblut, Paesaggio invernale con Ghiaccio e Sole, Romanticismo tedesco, Seconda Metà del Secolo XIX |
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì VI del Mese di Gennaio AD MMXX.
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