de' mia cetra le corde arrischio e vibro
che quei parrebbe sì un essere infido.
Ma poi che è tale, geloso de il libro
di canzon mie, i suoi ischerzi offre; e la saetta
dell'arco suo ei favilla in gran squilibro.
Così ella è Daphne, è Daphne che m'aspetta,
e viene a compir la di lui vendetta.
II. Sempre tal è ne' fatti etterno 'l scorno
dei Pöeti, che di madonne e Amore,
l'altrui resuscitando, urlano attorno,
mentre Amor che ama poi altro che esto core,
indispettito non fia corrisposta
dei rapsodi la dama e il loro ardore.
Allor la ritrossetta di' "Ti scosta!",
e nasce duol.... È Amor ch'ha fatto apposta.
III. I' son Daphne, e qual noia son i Pöeti!
Oh cortigian! voi dite: lor son bravi,
ma sol dell'idea nostra si fan lieti,
sì che non aman quel cui son ignavi:
e il corpo nostro, e il nostro cor e gli occhi,
benché dicano "Siamo i vestri schiavi!".
Oh Pöeta... Pöeta... or ci infinocchi,
co' tuoi versi garbati e co' tuoi fiocchi!
IV. Ma or che 'sto Madrigale è divenuto
quasi... quasi qual fosse barcarola,
poi che preveggo de' colpi di liuto
tra questi litiganti, i' la parola
intimidendo ritiro e sto zitto,
chè urlando i' non vo' per via del mal di gola.
Ma Cupido mi vede e di' "Sta fritto!
Oh Apollo non sfuggir all'arco invitto!".
John William Waterhouse, Apollo e Daphne, Tardo-Romanticismo inglese, Scuola dei Preraffaelliti, 1908 |
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Mercoledì I del Mese di Gennaio AD MMXX.
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