Una tazza di tè caldo e fumante.
Fuori, la nebbia come germe di ombre.
Penombra di stanze romite e buie,
è solo il sogno di un vecchio castello.
Il muro nero, timido.. parlante
dei vecchi casolari, come tombe
sparse in filari di tanti fantasmi.
La mia sedia.. la notte.. il mio
mantello.
L’Autunno stanco.. fragile.. ammalato…
Nel tè, qualche nebbioso canto.. canto -
intendo - di valichi himalayani;
la vetta: la baiadera del Sole.
E ancora questo indù.. folle.. dannato,
che deve espiare sofferenza e pianto
e che proviene da mondi lontani
con la stessa ombra e le stesse parole.
Dopo, tutto svanisce d’un sol tratto:
il tè, il sogno.. il castello, la
finestra..
la stanza, il buio.. l’Autunno. Ma
rimane
quel mistero inspiegabile e tremendo..
quel mistero di cui mi sento fatto:
l’inarrestabile agitata nebbia.