È un tramonto purpureo del mio verno,
con i suoi luccichii di neve bianca
e i rami neri.. neri come le ombre,
con le sue vesti informi e i suoi inni
occulti
sussurrati nel volto della nebbia,
con qualche stagno addormentato e buio
e un ponticel di legno per viandanti
e con il Sole che sembra nascondersi
lontano. Dopo, il meriggio scompare,
quasi come nel mentre dell’incanto
di un mio batter di ciglia. Poi, è la
notte,
sopra una vastità enorme di terre,
su un ramo che si piega a una candela,
con fiocco rosso e con un canto allegro,
sulla mia ombra che vaga sospirando,
sopra le pietre della piazza muta
con i ticchetti dell’oriuolo che urla
la sera, ma non segna che le cinque.
Infine, le montagne!... Esse mi pingono
una scogliera scialba per il mio
Oceäno silenzioso e un po’ nero,
oltre cui muore ogni luce e ogni fiamma…
E così mi ritrovo solitario
in un giorno accorciato da un migliaio
di vecchie ombre e di ripetuti sogni.