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giovedì 17 marzo 2016

XVII Marzo

Era Notte. La donna al caminetto
nella sua stanza stava, accanto al germe
appena nato nella calda culla;
e la campagna torinese udiva
quest’àër primo della Primavera,
nel risveglio leggero delle posse
della Natura addormentata e mesta.
Allor questa fanciulla dopo avèr
la cuna dondolato, prese in mano
da un cassetto vicino un’ansia lèttera,
scritta dal sposo suo, Carabiniere
del regio esèrcito, ora nelle sìcule
terre insieme alle fulve Furie immani
del lìgure guerriero; e anco una volta
ella la lesse al cuore.

«Confusamente io scrivo tra le estreme
nebbie che lentamente qui a svanìr
vòlgono e a Primavera, a te fanciulla,
amata mia e non mai… mai dimenticata,
e mai tradita, lìberi pensieri,
e lìbero sognàr. Ascolta… e intendi!
Ombre insepolte si aggìrano. Vanno
a solcare la terra degli Eroi;
e alle marmoree rovine del Tebro
addìtano esse i lauri delle pugne,
tra le colonne d’oro e i templi argentei,
e gli inattesi altari, e i foschi bronzi
che chiàmano il silenzio della Morte,
ùltimo Fato della Patria invitta.
E voi, acque, oh voi onde della fresca Dora
e del Monviso, e monti primi e irsuti,
lungi dal Tèvere ebbro di gioia arcana,
così accogliete lo Spìrito antico
di un Pòpolo un dì oppresso e che rinasce,
ave! Torino vincitrice. Oh re!
Ora al nuovo orizzonte splende l’alba
primigenia d’itàlica sembianza,
divelte le catene di mille anni,
aurora figlia di Arduino di Ivrea,
e del suo spettro che vaga errabondo
ei proteggendo la sabauda stirpe,
sir dell’Italia prima e del Piemonte;
e ovunque aleggia il sangue bene sparso
del sacro tricolòr natìo e fulgente,
per le vie e per le balze e per i campi,
fior di Palestro, e onore di Magenta,
squillando ei al cimitero insanguinato
di Solferino un giorno, ùltima speme
dell’ìtalo lignaggio. E va il corteo
ad annunziàr l’impresa: Italia è fatta,
Italia vive, risorta e festosa
per le selvàtiche Alpi e per il mare,
e lungo gli Appennini e in fin Sicilia,
come Mameli profetizzò un dì,
ei il sangue riversando combattendo,
co’ un canto nella gola, Anima bàrdica
della lìgure Ondina, orba di Doria, e
ninfa del Boccanegra, il saggio Doge,
e madre dell’Eroe che da una terra
all’altra snuda l’acciaro invincìbile.
E tu fanciulla che dal smesso fronte
leggi questa mia lèttera ridente,
te che un dì abbandonai io per queste guerre,
io sperando in te fede ritrovàr
a’ i profferti tuoi giuri, e che mi piangi
forse e mi senti mancare al fianco tuo,
ricorda ai figli nostri questo arcano,
l’Amòr di Patria: Italia!».

Così la donna prese in braccio il bimbo,
deposta questa lèttera di Vita.
Ei dormiva… e dormiva, lietamente;
lo alzò ella verso il volto, e disse allora:
«Tu sarai un Italiano!».


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Preciso che la Poesia è stata da me composta senza la volontà di offrire un’esaltazione nazionalistica e di scrivere un’apologia del Risorgimento, del Piemonte e di Re Vittorio Emanuele II.

Carlo Bossoli, La Battaglia di Solferino



In Dì di Giovedì XVII Marzo Anno del Signore, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI