Grazie che il vostro augùr specchia
la vostra simpatia,
ma quest’è sentenza mia:
oramai qui s’invecchia.
A trentaquattro anni i’ non so
cosa sia Amor, cosa il bacio,
che sia gioia davver non so,
ma nel grigior mi giacio,
né il fuoco per cui mi sbracio;
e so che un ciel di neve
molto grigio e molto greve
i miei capei un po’ rispecchia.
Grazie che augùr apparecchia
brindisi e fantasia,
ma quest’è sentenza mia:
oramai qui s’invecchia.
Quest’ombra è gaia e quell’è sogno,
quell’è mare di silenzio,
ché sì non mi vergogno:
scordar bevendo assenzio.
Suon il liuto, suon.. zampogno,
ride, ride il cuor sì tetro;
tutti andrem nel gran feretro,
nell’etterna catapecchia.
Grazie che la gioia or sonnecchia,
m’ispirate Pöesia,
ma quest’è sentenza mia:
oramai qui s’invecchia.
Qui s’invecchia e la risaia
è più giovin del mio cuore,
va mietuta e un can abbaia:
Viva.. viva Amor.. Amore!...
Ma ben presto or si muore;
che son, infatti, i cent’anni
cui tendo senza affanni
se la Morte già mi specchia?
Grazie che il vostro augùr specchia
la vostra simpatia,
ma quest’è sentenza mia:
oramai qui s’invecchia.