Ascolto un trillo nella sera muta.
Si protrae. Chi è?.. è il mio cuore che
suona
un vecchio pianoforte. Mi rituona
la sua nota: silenzïosa e muta.
Poi, un suonar di campane per il vespro:
vorrebbe parlarmi. Non sono sveglio.
No! Non lo sono: sogno; e il sogno è
speglio
per la Luna. Recitiam questo vespro!...
Recitiamolo! Perché l’ut ha aperto
un suono come d’una litania;
perché attende quasi una Pöesia
il Cielo che, oggi, non si è ancora
aperto!
Recitiamolo! Perché non intendo
sognare da dannato e maledetto;
perché nel buio vorrei udir e aspetto
un concento.. o un canto che non
intendo...
Invano dico l’Ave Maria, dico
parole spasimanti e un po’ profonde,
prego Dio e le nuvole vagabonde;
qualcosa di dolce e di miele, dico
parole senza fine nella sera,
e nella Notte illagrimata e spenta -
poi che non ha più stelle - e mi
diventa
qualcosa che.. no! non può esser la
sera.
L’hai mai vista? Senza stelle e la
Luna?...
No! Allora non diamole questo nome.
Finisco di pregare. Sono come
questa stessa Notte senza più Luna.
Ma il cuore trilla ancor le note mute
per una scala enigmatica di ombre,
o di ricordi, poco importa: tombe
di ossa, di ricordanze anch’esse
mute!...
Sì, mute.. come una scala di diesis,
o un semitono strozzato da piccolo,
o un avorio non pigiato, o anche un
piccolo
spasmo di altro tachicardico diesis.
Pigiamo insieme: l’ut che si sprofonda
come Anima che si scaglia in mare,
e lo strillo del si, andiamo a pigiare,
in questa Musica assente e profonda!...
Suona, oh pianoforte, la tua canzone!
Suona e di me non avere pietà!...
Il dolore che suoni e l’illusione
rugge, m’abbranca.. passa.. fugge.. e va.
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