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venerdì 26 dicembre 2014

La Rimembranza

Era la neve, e gelidi
erano i nugoli,
e 'l tremulo orizzonte
s'apriva a' sera;
e io che qui giacea in tremiti
e in tristi brividi
affissi 'l guardo a un monte,
e a una riviera.

N'avea un sentir di sùbite
ansie e inquietudine,
e m'era reo 'l silenzio;
e un Sentimento
or s'ansimava in palpiti
di cor immobile,
un Destino d'assenzio,
d'orbo tormento.

Gemea di vane lagrime,
di pena insolita.
Col guardo in su' una via,
scorgendo i boschi
innevati di spasimi
sentivo crescere
la Poësia
pe'i cieli foschi;

e balenava all'anima
un'ombra euforica,
un dolce fiore incolto,
rosa del verno,
e in doglianze terribili
cercai resistere
al roseo stelo e al volto,
a un nembo eterno.

Assaporava io 'l limpido
soffio dell'Etere,
l'Elicònia diletta
al mesto core,
e al ghiaccio e fresco e cerulo
e al fiocco candido
d’una neve perfetta
or n’ebbi Amore.

Ma importuno ‘l labbro al docile
occhio d’un valico
versi sclamava e un’ode
a’ viola alpina,
e ‘l Destino famelico
proruppe orribile
all’ansio petto e in lode
or d’una spina.

Fu ‘l grido oscuro e formido
l’ardente gemito
e condannato e vano,
l’infame urlare
dal calle e dal patibolo
e reo e dall’aquila
d’un misero Titano
in van sognare,

e s’inquietava intrepido,
soffiava languido,
l’Alpi ne sibilava
or come un corno
del vento presso l’alito,
ne’ feri brividi,
e melliflua ansimava
l’eco d’intorno,

come Promèteo a’ fulmini
del foco incognito,
come un folle e ribelle
nel scialbo cielo
furioso e torvo un Angiolo
dal negro spirito -
d’un serpente la pelle -
Nume di Belo.

Ma la parola indomita
febbrile e tremula
come un’onda allo scoglio
fredda s’infranse,
e ‘l fior che sentìvala
in tetro dòmino
mi diè al petto un cordoglio,
e al cor che pianse;

e nell’oro d’un incubo
di svelta lagrima
un sogno fu al tramonto
nel sonno insonne
d’un Sentimento nobile
giglio d’un’àliga
che in memoria racconto
e a Divi e a donne,

e rinnegai ‘l vocabolo
al mesto petalo.
Pur non potei tacere,
riapparve ‘l fiore
di scialba neve e candida,
di cari spiriti;
e dolce m’è ‘l dolère,
nel mesto core.

Rosa di Santo Stefano,
bell’iris d’Etere,
neve d’un anno scorso,
quieta magia,
in memoria nostalgica
e melanconica,
questo è ‘l gentil rimorso
di Poësia;

e non volare via:
più d’un stel di rosa or s’appassisce
se ‘l fascinoso stame non ferisce!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Venerdì XXVI Dicembre AD MMXIV

3 commenti:

  1. splendida ballata celtica in vesti New Classic

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  2. ballata celtica in vesti neoclassiche. L'ispirazione poetica fa aggio sullo splendido lessico.

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  3. In realtà, al di là della somiglianza con la Ballata celtica, questa Poesia è un'Ode la cui forma metrica si ispira alla Lezione di Anatomia di A. Boito, con la sola aggiunta dei settenari affiancati ai quinari. Cordialmente, Massimiliano.

    PS. Le piacerebbe contribuire con Poesie a questo blog? Se sì, mi potrebbe inviare il Suo recapito e-mail all'indirizzo massimiliano.zaino@gmail.com in modo che La possa invitare?

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