Cerca nel blog

giovedì 27 novembre 2014

Inquietudine di Novembre

Nel tramonto che grida or l’orbo cielo
di Notte io scorgo avvinto,
e ‘l mio medesmo ciglio in questo velo
notturno n’ode un gelo,
e io di tenebre tinto
nell’orizzonte nulla or fo’ distinto

se non l’ombre de’ faggi e i foschi pruni,
e i nembi bruni.

Allor ferocemente van le brume,
e ‘l lor spir mi deprime,
e d’in sulla finestra ‘l solo lume
de’ ceri - l’albe piume -
ne veggo; e l’ansie cime
de’ valichi lontani e un vel sublime

di terribile Furia e rea e notturna,
impronta d’urna.

Non so io qual la cagione, ma febbrile
del cor la fronte suda,
e nel vento funereo e novembrile -
scialbo come un fienile -
ne piango io a questa cruda
che discende la brina e fredda e ignuda,

e le lagrime sono ‘ve mi giaccio
fatte di ghiaccio.

Così la nebbia irsuta or qui m’accora,
e un senso n’ho di duolo,
e ‘l sogno mio che canta è un rosignuolo,
e nova aurora

come fa nella selva ‘l legnaïuolo
vegliando e in ansia ancora -
quasi indarna la spene - attendo, e infiora
la neve al suolo,

e in tanto gelo orrendo son la viora[1]
che ghiaccia, e all’ermo io solo
come quel che si gela, ‘l rigagnòlo,
ne son tuttora;

e flebile i’ sospiro, e né so ‘l sprone,
e né mi giova ‘l vento,
e ‘l grigior delle nubi è depressione,

e ‘l cielo è smarrimento;
e ‘l labbro mio ne mòve una canzone,
e pur a stento.

Novembril sentimento:
or quivi mi deprime la Natura
come in sul cimiter la sepoltura!

Alfin la Notte giunge, e tenebrosa
qui m’avvolge d’inquieto,
e l’aura e fredda e torva n’è furiosa -
or quasi tempestosa -
e debilmente allieto
e indarno e presso i sogni e in sul mio greto,

e l’insignificante e van sorriso
m’è ischerno al viso;

e nemmanco mi cale or questa Luna
che splende fiocamente,
e che in cor della Notte e cupa e bruna
e in sull’agreste cuna
le fronde bacia spente,
e sono vano e ansioso, e son demente,

e irrequieto ne son forse un poëta,
privo di pièta.

Né so perché ma tanto e ognor ricuso
ogni gaudio e conforto,
e sol a Iddio ne volgo e a’ Cieli e in suso,
come un semplice illuso,
e in un dolor ignoto oramai assorto
mi sento morto,

e stanco son d’avere combattuto
per incompreso liuto!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Giovedì XXVII Novembre AD MMXIV




[1]  Viola in Lombardo arcaico.

Nessun commento:

Posta un commento