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sabato 28 luglio 2018

Ode alla Val Vigezzo

Monti randagi e vagabonde cime,
oh di Tempeste antiche e aguzze vette…
oh còrrere mellifluo del Melèzzo,
oh del Toce le plàcide scogliere
e le cascate… oh Gridone… Gridone  
possente e ossuto sotto il cui ampio sguardo
delle tue pietre tanto mi disseto
e il lìmite rimiro che separa
le alpine nostre terre dalla Svìzzera,
quanto mi siete cari!
Vedèr, sentìr… tacèr per i sentieri,
e cògliere la beltà delle rocce
tutte! Ascoltàr che mùggono le mandrie,
e bere con lo sguardo un tozzo d’erba
tra’ i fiorellini del timo selvaggio!....
Comprèndere il Mistero di fiorita
Natura, e delle baite diroccate
il Tempo che è trascorso, e de’ i mirtilli
il gusto e il fàscino! Udìr le campane
delle chiesette!....
Ti chiamo Vita, oh montagna inumana
e possente e sublime! che mi doni
i tuoi occhi appena-appena liberati
dalle càndide nevi, e che mi guidi
verso i tuoi sguardi più profondi e quieti,
e verso le tue fauci più segrete…
e che di te mi chiudi gentilmente
l’orizzonte sognato oltre cui il Sogno,
appunto, regna… come regna in là
la Fantasia e l’ingordigia di altri e altri
Sogni… e che dunque mi ripeti all’eco
canti di Bardi e Valchirie stridenti…
canti tra’ i più sovrumani e furiosi…
canti che ora mi dìcono “Sei vivo!”…
oh terre alpine e belle!....
Oh terre alpine e belle! oh dolci terre,
dove le mie ombre si fòndono sempre
a quelle de’ i faggeti e de’ i castagni,
in ricòvero al Sole che ribolle
per le vie dell’Estate montanara,
donde anch’io, forse, divento una quercia…
una quercia vivente… una roccia…
oh terre! quanto mi piacete, oh soavi…
oh leggendarie insegne d’una quiete
perduta, e d’ogni regno e d’ogni ostello,
Miti leggiadri sotto i quài mi pàr
di Tell udire il corno che risprona
dal lìmite a’ la caccia, e a’ il cavalcàr
d’eroici palafreni or mossi a guerra…
oh terre! oh terre!....
Alzàr il volto, ed èrgersi a’ le valli,
e dominàr ciò che di più imo or v’è,
con uno sguardo, come fa un Titano…
tremàr, godèr de’ i bàratri profondi
e degli Òrridi trèmuli e funesti…
dormìr, posàr, per le pietre de’ i pàscoli,
e incontro còrrere a’ i fiori che vòlano…
oh quieti àttimi!....
Ti chiamo Sogno, oh Melèzzo gentile,
i cui vapori estivi mi rinfrèscano
nel meriggio… e chimera, oh Toce, e Musa,
oh Alpe… Alpe bella e lieta… Alpe serena
che in mill’anni così t’ha riscolpita
Iddio… Alpe vagabonda nel mio cuore,
e ne’ i ricordi… Alpe indimenticata,
stupenda… bella!
Com’è sì dolce divenìr viandante
per le vostre foreste… il piede a’ i sassi,
e il cuore al Cielo!




Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Sabato XXVIII del Mese di Luglio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

giovedì 22 ottobre 2015

Al Melezzo

Oh Melezzo che scorri all’Alpe amata e ai miei vàlichi,
‘ve un dì a un villaggio io mi nutrii d’Eterno,
e di assai palpitate attese, e carichi ivi sono
di fresco vento i frondosi all’inverno e all’autunno
i pini e i tigli; oh Melezzo, al cui suono
riacquisto istanti perduti di Vita, dove il sogno
come un Unno mi persèguita immane, oh
ruscelletto lontano al Ghiridòne abbracciato;
oh mio Melezzo, di che rimane se non
un ricordo ghiacciato: e d’una rosa e d’un fiore,
se non un’ombra all’Anima mia affissa
dei tuoi rovi e i tuoi cespi, se non cuore ora perduto
della mia Estate, porto ultimo e cieco
della mia giovinezza che è svanita e compianta, e
se non l’eco dell’onde tue arenate alle vette,
e i tuoi bàratri tetri, giù, alle valli irrequiete?
E la mia Rose tristemente affranta all’insonne
veglia mi doni, oh bieco rivo! E schiette son l’ombre
di queste tombe di ricordi remoti e mietuti;
e te lontano, non vi son più sogni che s’infuriano,
né vi son donne. E sulle cime alte, e orbe, e ombrose,
oh Melezzo, ahimè! Muore la mia Rose!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Giovedì XXII Ottobre AD MMXV