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lunedì 6 dicembre 2021

Prosa. La Tessera del Professore

Un’altra mattina per cercare di far entrare qualcosa in quelle teste calde, sempre più vestite di nero.. un’altra giornata per avere una decina di giovinastri con il loro “Voi, professore” e il loro star sull’attenti con quel saluto a braccio teso verso quella dannata immagine, appena poco più su del Crocifisso. Per non parlare dei tanti e altri salamelecchi. Per non dire della cartina della Polonia con segnate le posizioni di quei stramaledetti Crucchi del Diavolo. Per non dire della radio sulla cattedra, da usarsi agli intervalli per ascoltare quel pallone gonfiato… No! Pensava prendendo il treno. Non è più tempo della Storia e del Pensiero! La Storia? Che è, se non il ricordo retorico dell’Impero romano? Poi, toglietemi la curiosità, quale Impero, quello d’Occidente o d’Oriente?... E il Pensiero? Perché, si pensa ancora?... A vedere gli ultimi eventi, no.. pensare sembrerebbe un sogno. Macché, pensare è vietato dalla Legge!

Povero professore! Lui sì che insegnava, mica come il Speme, l’insegnante di Scienza e Fisica, un osso duro del Regime, un buonannulla che manco sapeva l’Italiano e che si limitava a correggere le materie altrui quando certe cose cozzavano con certe altre della buonanima… E pensare che questi, appunto il famigerato Speme, aveva pure seguito un corso a pagamento del Podestà per imparare a insegnare correttamente in sintonia con il Partito. Giulio Cesare? Mai morto. Al suo posto morì un tale pigliato su dalla Via Appia; e lui? Mascherato da Ottaviano riuscì a vivere altri cinquant’anni e più. Odoacre? Macché, le solite storie dei sovietici.. costui non è mai esistito… Ragazzi, non fatevi fregare: Odoacre è un mito leninista contro lo Czar. E, allora, i mille e quattrocento e passa anni senza Italia e senza Impero? Congiura di qualche Ebreo!... Davvero strano pazzoide codesto Podestà! uno spiantato che un tempo aveva un’industria e che, a causa della vecchia guerra, perdette tutto.. un poveraccio senza un quattrino, soltanto da parte un misero centinaio di milioni di lire - guadagnate in qualche modo - e la voglia di guadagnare vendendo consigli su come si debba interfacciarsi con il nuovo corso della Patria. Per non parlare della sua vena poetica, con delle Poesie scritte più con versi di animali che da Poeta.. e tutte con la solita citazione greca “Eia Eia Alalà” che, senza scomodare il povero Gabriello dal suo laghetto d’oro, se mai avesse letto tali componimenti, perfino Marinetti avrebbe spaccato la testa all’autore e gliela avrebbe spaccata volentieri proprio con lo scheletro di un motore a scoppio!...

In ogni caso, stava iniziando una nuova mattina per insegnare qualcosa a delle teste quadre. Ma non tutto stava andando bene, anzi, tutto stava marcando abbastanza male. Il professore, infatti, con la vecchia dirigenza se l’era cavata con qualche richiamo all’ordine e alla disciplina, ma al vecchio preside - che era abbastanza dei socialisti! - non importava un granché, anzi, un bel niente, che costui non avesse il tesseramento del Partito; e così era sempre filato tutto liscio. Sì, a dire il vero qualche problema c’era stato, specialmente dopo che Sua Maestà firmò, per così dire, delle certe leggi. In effetti, in una classe del professore c’era un buon ragazzo, ebreo d’origini e di fede, uno di quelli più svegli e attenti, fors’anche il migliore. A un certo punto l’Ebreo non andava più bene e i primi ad avvalersi del diritto di tagliarlo fuori furono i compagni di classe.

«Puzzi proprio di sinagoga incendiata!».

«Finalmente a voi Giudei vi danno proprio una bella lezioncina».

«Il Tetesco ha ragione: le cose vanno a male per colpa di voi!».

«Non voglio più sedermi vicino a un usuraio della Giudea!».

«Il mio babbo me l’ha detto: vi prenderemo uno a uno e ve ne daremo tante.. ma tante.. che diventerete cristiani e italiani a suon di botte».

«Mi spiace, eri mio amico. La radio mi ha detto che voi Giudei siete miei nemici. Vattene o ti pesto per bene!».

«Ehi, Giudeo, ci vieni a casa mia a mangiare gli spaghetti all’olio di ricino?».

E quella volta lì, dinnanzi a tutta questa gran poesia di insulti gratuiti e di minacce, il professore amministrò così un oceano di note che manco le folle oceaniche ai discorsi di quell’altro potevano pareggiarne per numero. Ma fu sùbito richiamato e, alla fine, dovette scusarsi pubblicamente. Il ragazzo ebreo, nel frattempo, non si fece più vedere a scuola. 

«Che c’ha? L’hanno bruciato finalmente?» disse un compagno di classe durante una lezione del Speme.

«Ma almeno.. ‘sti Giudei dovrebbero prenderli tutti e bruciarli per bene» chiosò un altro.

«Ma è materiale contaminato… Bruciarlo non mi sembra il caso. Ci manca solo che ci appestano fumando come sigari mentre s’arrostiscono».

«Allora che si fa ai Giudei? Li si lascia liberi di spassarsela nei ghetti?».

«Ma no!» esclamò il Speme «Penso che si debbano prendere, fucilare e, una volta fucilati, bisognerebbe caricarne i fetidi corpi su degli autofurgoni e portarli a bruciare lontano, dove non inquinano. Per esempio, in Germania». 

«E l’autopsie chi gliele fa?» domandò uno spilungone che era il preferito del Speme.

«Perché? Vorreste scomodarvi a far loro l’autopsie?... Manco dobbiam vedere se hanno sofferto… Eppoi, sappiamo bene che li abbiamo ammazzati noi!» chiosò il gran luminare della Scienza e della Tecnica.

E così seguirono forti risate di gusto da parte dell’intera classe. Il Speme, di fatto, era diventato il più bello e il più bravo di tutti i professori. Ma medico al quale moriva la maggior parte dei suoi pazienti - e giustamente non si faceva l’autopsia - ora costui era lì a proibire a tutti di conoscere. Mica uno sfortunato come il nostro professore, che ora se la passava davvero.. ma proprio brutta.

Era, infatti, cambiata la dirigenza e il nuovo preside, che tanto desiderava essere prima o poi Podestà, il dottor Dragoni, così si chiamava, era un convintissimo sostenitore della nuova Politica e della Rivoluzione nera. Era riuscito di far rinchiudere in galera il suo predecessore e adesso voleva che le disposizioni del Regime venissero pienamente rispettate. Era anche uno di quelli che avevano tanti amici e che, senza merito alcuno, favorivano costoro a loro piacere; sicché presto in quel Liceo non tutti i professori furono di gran valore.

Ma il nostro professore mica aveva la tessera del Partito! e, mentre stava viaggiando sul treno, non ci pensava manco di farsela e averla. Aveva portato tante classi all’esame, tanti allievi erano finiti all’Università e lui sì che insegnava!... Ma non aveva la tessera del Partito e rischiava il posto.

Quando giunse a scuola, in sull’uscio, un bidello gli sbarrò la strada.

«Scusate, professore, c’avete la tessera?... No?... Allora non potete entrare» e detto questo gli chiuse le porte della scuola in faccia.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Lunedì VI Dicembre AD MMXXI.


Dipinto di Mario Sironi (1885-1961), Paesaggio urbano, Arte di Regime, "Arte" fascista, 1940-1941. Olio su Tavola. Pinacoteca di Brera, Milano.