Non lasciate che ci condanni nel baratro
la morte impeta coi suoi spasimanti
Scheol, vendetta e sorte. Nei giorni avanti
ho visto cadere come neve un altro
in un borgo lavico... erano in tanti!
Gremito il mare fecondo di scavi
colmati i richiami da un triste boato.
Promiscui nel vespro i tuoni lontani vivi
di un altro fragore: sui cavalli calato
un moro, muove per il califfato
una scimitarra, seduce con il sangue
invade un antro polveroso dannato.
E la donna ho visto col velo scannato
da un essere maledetto! Potete arrivare
a capire, potete fermare il pingue
macello e non mietere un'ostia volgare
di figli senza padri in Siria e porgere
fine a un'astio senza una sorte indenne?
(Intanto il rivolo che ho versato è degno
di un nome che promette un regno...)
Pregate... ma a chi, dimmi tu malandato
che vuoi mutilare radici lontane?
Che t'involvi come immortale, basito
del tempo e dell'essere occidentale?
Attaccate... ancora una volta un brumare
stordisce chi il cancro vuole annullare!
Ma l'uomo cos'ha da fare? Uccide, forse
nel tribale, -annulla il cristiano o il marrano!-
E tu percuoti il musulmano! - Che scarse
credenze, che scarse risposte!
L'ho vista ieri convulgere sotto uno spalto
(la madre urlava gremita dalla Laguna ...)
Dov'eri, dov'era il tuo soffio rimasto?
Non scrivere sugli almanacchi, non c'e' fortuna
(Charlie era morto, garrisce pero' una voce...).
Io voglio gli inglesi, io voglio il mondo. Desto
ogni cosa al suo posto. Nessuna pace.
Un cancro veloce si spande (sfacelo!
la lega del mondo non temo), e il mondo cade.
Che pace, che pace?Lasciate le orde!
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