Cerca nel blog

giovedì 16 ottobre 2014

Melanconici Madrigali d'Autunno

Un Tramonto

Melanconico ‘l cielo or giace e cupo,
e a un cerulo dirupo e all’orizzonte
nel tramonto del Sol si strazia un lupo.

Allora nell’oscuro s’erge un monte,
e un’innevata fonte un rivo geme,
e quel che viene - e svelta - è Notte d’onte;

e ‘l crepuscolo tetro ormai si freme,
e ‘l cor di me Poëta è in vana speme.

Le Foglie

Il biondo grano è in cima a’ pioppi falbi,
le foglie d’oro e freschi or gli arboscelli,
e i castagni in tra ‘l vento ormai son scialbi;

e ‘l tremulo fogliame in su’i ruscelli
appassendo sen cade e al freddo stagno,
e l’esul canto intende degli augelli.

Or come fiamme accese ‘ve mi lagno
degli aceri le foglie or fulve stanno,
e del loro cadèr così mi bagno.

Allora queste tinte a terra vanno,
è l’ultimo mutar, cangiar dell’anno!

Impressione d’un Tramonto

Nell’autunno m’affliggo, e son perduto,
e nel nugolo muto m’ange ‘l core,
e la destra si posa al flebil liuto.

Quest’è un tramonto mesto, e ‘l suo grigiore
nell’anima e in dolore or m’addolora,
come un scialbo e appassito e smorto fiore.

Alfin la Notte giunge e turpe e mora,
svenimento nell’alma, e pianto ancora!

La Nebbia

Le grigie brume vanno a’ ignudi campi,
e spettri sono e crudi, e un folle vento
ne soffia in furia e dà gli estremi lampi.

Questo mare nebbioso or n’arde, e lento
timidamente brucia l’ansie paglie,
e qui e d’intorno espande un turbamento.

Questa nebbia che appar somiglia a un segno
d’una pugna feroce in trista guerra.
Perennemente inghiotte i campi e in sdegno
quel che riposa mesta, or l’orba terra;

e ‘l suo tra l’ombre è ‘l regno,
come un sepolcro al suol che l’ossa serra.

Oh mie brume d’ottobre! Oh nebbia folta!
Oh spiriti dell’orzo appen mietuto!
Oh Furie di Natura in sonno avvolta!

Oh dolce velo! Oh brina! Oh gelo muto!
Oh incipriäto ètere! Oh pia rugiada!
Oh tu che sempre ispiri un mesto liuto!

Al finestrel men giacio e scorgo intorno,
e questo sta dinnanzi, un mar nebbioso,
e adesso che decade ‘l grigio giorno
l’orizzonte tramonta. È silenzioso!

Un Vespro

Il bronzo al Ciel ne va e crepuscolare
la sacra nenia accenna e una preghiera,
e si lamenta al Nume or tutelare.

Questa ferrea lagnanza e mesta e altèra
pe’i borghi e la campagna si propaga,
e tra gli astri ne fende un’orba sera.

Alfin spirando e trista ormai s’inciela
per quest’aure notturne e atroci e cave,
e presso ‘l lume fioco di candela
nella Notte s’irrora - e ancora - l’Ave.

Immagini popolaresche d’Ottobre

Al monte n’è finito ‘l vendemmiale
mestier, e i grappolini or son in vino,
e ‘l fungo al rivo cresce, e fioco è ‘l strale.

Il freddo vento soffia e peregrino
le foglie insano abbraccia e i rami secchi,
e verdi sono sol le felci e ‘l pino.

La paglia a’ campi sta e l’aratro attende,
e nella stalla posa allor la mucca,
e il focolar, la brace ormai s’accende,
sul caminetto antico, risotto e zucca.

Or la fiera autunnale al borgo giunge,
i funghi in su’i bancali, e ‘l vino buono,
e al calduccio ‘l bovin ormai si munge.

Al foco ‘l brodo bolle, e dolci sono
le caldarroste ardenti e i buon chiodini,
e in cielo si rimbomba un debil tòno.

Ma in core n’ho tuttor nostalgia
d’un giorno più sereno e più solare.
Oh tristezza! Ne scorgo in sulla via
quest’ombre degli augel lungi emigrare.

Rassegnazione

Nell’alba ch’è pallente io giacio affranto,
le lapidi del cielo or sono grigie,
e ‘l meriggio in grigior ne passo in pianto.

Il tramonto crudel è insana effigie,
e vana m’è del vespro la carezza,
e orrendo ‘l canto atroce della strige.

Eternamente un fior d’incompiutezza
m’è l’autunno fatal. Oh giovinezza!

Nel vento che s’infuria è ‘l Fato in sdegno.
Oh mio Destino insano, mi rassegno.

Ma che feci… che volli? Oh ansioso core,
più che una resa insana io volli Amore!

Un Valico alpino

Nel grigiore del ciel è un sasso alpestre,
‘ve de’i muschi si cresce or l’erba scialba,
e autunnale sen muore un fior silvestre.

Tiepidamente rosea e ansiosa è l’alba,
e ‘l fogliame rischiara or secco, estinto
e del fungo la chioma e bruna e falba;

e ‘l calle in nebbie avvinto,
dalle nubi sommerso e dalle piogge
al pascolo si lagna e a’ pini intorno,
e i torrenti e i ruscelli e l’orbe rogge
salutano ansimanti ‘l nuovo giorno.

Madrigaletto-hayku - I Funghi

Figli di rive
or crescono i boleti,
e le giulive

spore, e gl’inquieti
chiodini or stanno al vento
e a’ bei pineti.

Con passo lento,
eterno è ‘l lenimento.

Madrigaletto-hayku - I Camini

Ora i camini
fumano nella sera,
e son ferini.

Grigia è la cera
del scialbo fumo e altèro,
e bieca e fiera.

Nel cielo nero
or splende quest’arsura,
e va in mistero.

La Notte è impura,
e or muore la Natura.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì XV Ottobre AD MMXIV

Nessun commento:

Posta un commento