Cerca nel blog

martedì 23 settembre 2014

L'Urlo della Tempesta, ovvero La Ballata del Corsaro

Nella Notte furiosa e al mare ansioso,
al timone sedendo e in mano ‘l vino
un corsaro giaceva e silenzioso
co’ dadi or disfidava ‘l suo Destino.

Nel frattempo ‘l vascello all’acque andava,
e tra ‘l vento e la pioggia e i cieli freschi
un funebre vessillo ne soffiava
coll’ossa de’i defunti e i fieri teschi;
e dell’ansia polena a’ fior donneschi
inconsistente l’onda s’infrangeva,
e ‘l torvo nembo e oscuro ancor gemeva,
e l’orizzonte fu e truce e ferino.

Nella Notte furiosa e al mare ansioso,
al timone sedendo e in mano ‘l vino
un corsaro giaceva e silenzioso
co’ dadi or disfidava ‘l suo Destino.

Al cielo ei ‘l nappo ergeva e bevve molto,
e ‘l liquoroso tosco or aspro n’era,
e nella Notte intriso e oscuro ‘l volto
agli Inferi ne sciolse una preghiera,
e in sull’irata e vil marina cera
irrequieto scrutava un vecchio porto,
e all’isola lontana giacque assorto,
e un ghigno al labbro stava e reo e meschino.

Nella Notte furiosa e al mare ansioso,
al timone sedendo e in mano ‘l vino
un corsaro giaceva e silenzioso
co’ dadi or disfidava ‘l suo Destino.

Ivi, a’ nembi adirati, or fu l’ispana
e quieta terra pia de’i rapimenti,
‘ve l’habanera soffiava in sull’Avana
come un cor palpitava i Sentimenti,
e i lidi antichi e colmi di tormenti
ne schiudevano e tristi e in piantagione
d’un labbro femminile la canzone,
e l’uom di mar brindava al fosco tino.

Nella Notte furiosa e al mare ansioso,
al timone sedendo e in mano ‘l vino
un corsaro giaceva e silenzioso
co’ dadi or disfidava ‘l suo Destino.

Allor tra’i mozzi in sonno e i ciurmadori
in su’ un tambur scagliava l’empia Sorte,
e febbrilmente urlava a’ vecchi ardori, 
e a’ scogli ignudi e mesti e in sulla Morte;
e a queste marinare e acquose porte
cupo ne rimembrava ‘l veglio assalto,
e i vascelli rivali e ‘l bieco spalto,
e un dì un rapito ciglio e femminino.

Nella Notte furiosa e al mare ansioso,
al timone sedendo e in mano ‘l vino
un corsaro giaceva e silenzioso
co’ dadi or disfidava ‘l suo Destino.

Ma nell’urlo dell’onde in ira cieca,
e al tòn furioso e ardito, ei in cor sentiva
una doglianza amara e dura e bieca,
e in questo duolo antico ne moriva,
e ‘l palpito eccitato or si dormiva
in sonno eterno e molle, e ‘l suo dolore
alfin disparve e tosto e come Amore
fuggiva un giorno e vil dal suo cammino.

Nella Notte furiosa e al mare ansioso,
al timone perduto e stretto ‘l vino
un corsaro giaceva e silenzioso
co’ dadi or ne godeva ‘l suo Destino.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro


Lunedì XXII, Martedì XXIII Settembre AD MMXIV


Nessun commento:

Posta un commento