Udite, amici, l’amoroso canto
di chi già disperava in tempi andati,
e come fu salvato per incanto.
Soltanto terra e pietra aveva in dentro
al petto, e sol pensieri disperati,
quan tosto il dio con l’ali fe’ il suo centro.
Un foco allora sparse di fiammelle
in giù dagli occhi e accese un nuovo mondo
nato per viver tra nuvole e in quelle
condotto verso un cuore più fecondo.
Ah, fossi io sol capace;
ma come neve a Sole
la mente mia è costretta a non pensare,
e la mia lingua tace,
ch’osarsi essa non vole
dove gli stessi dèi non san parlare!
Dolce disio d’amare,
se’ forse tu la forza
che brucia nel mio core
e, schiavo dell’Amore,
fai arder quella fiamma che non smorza?
Arresi le difese
nel punto in cui lo sguardo suo mi prese.
Eppure vivo immerso in grande dolo,
poi ch’io, pur ‘sendo alato, più non volo.
Oh, dolce vita mia,
mortale mio dolore,
se solo conoscessi la mia pena!
Tace ogni melodia
mi sfugge ogni calore
e il freddo si diffonde in ogni vena.
Ogni speranza mena,
quasi fossi dannato,
soltanto seco strali,
veleno de’ mortali,
rinchiuso senza chiave, condannato.
Nessuno che sia vivo
potrebbemi invidiar questo destino.
Cotal la fe’ Natura deliziosa
che ‘l core mio per nulla più riposa.
Passi sull’erba fresca,
la chioma tinta in grana,
minuscoli brillanti d’acqua e sale
su pelle ch’è di pesca
sì profumata e piana
che al sol pensier di nuovo Amor m’assale.
Poco il mio canto vale
dinanzi al suo sembiante,
e un petalo non posa
un fiore, giglio o rosa,
davanti a lei, ch’ei vive un solo istante
per poi chinarsi mesto,
così fa lei d’ogni uomo un uom modesto.
Tanta virtù possiede la mia Musa
da donar vita all’alma già reclusa.
Dall’imo, dalle tenebre,
dal fondo della vita,
da triste solitudine mi trasse,
spezzò le mie catene
con dolcezza infinita
e fe’ guarire l’emozioni lasse.
Se solo mi bastasse
lo ‘ngegno che mi porto
i’ saveria parlare
e l’angelo lodare
cui con il mio gracchiar fo solo torto,
eppur io voglio ancora
cantare la beltà che m’innamora.
Per un saluto suo darei ‘l mio regno,
un gesto od uno sguardo o solo un segno.
In Lei par viver luce,
l’alma delle stelle
si spande dai suoi occhi in dolci rai,
e in alto mi conduce,
con le sue labbra belle,
l’amor ch’in altra donna non fu mai.
Ben misero il mio lai,
non può recar giustizia
a Lei, c’ha nome Amore.
Neve e grana il colore,
sorride e il suo sorriso è di letizia,
occhi amorosi e attenti
il cuore mio per lei vive i momenti.
Se solo in voi albergasse canoscenza!
Sareste pari a me,
prigioni in Paradiso e ovunque un Re.
Lady Lilith, Dante Gabriel Rossetti, 1866–68, 1872–73 |