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martedì 8 ottobre 2019

Alla Luna della perduta Estate, ovvero Avevo chiesto un Po' di Cuor a Te

Avevo chiesto un po' di cuor a te,
che nel meriggio buio mi consolavi
come una Musa,
come un'ombra d'Estate tra le foglie
grigie del scialbo d'Autunno e d'Ottobre.
Ora chiedo di nuovo l'elemosina,
con un pianto straziato... soffocato,
con un cenno perduto dalla gelida
parola. Adesso,
allora, è più forte il silenzio profano
delle tue guance,
è orrida la distanza tracciata
dal candenzar del Sogno.
Tra me e te sembra esserci soltanto
un abisso profondo e disumano,
una lettera tremula macchiata
dal tacito tuo sguardo,
un'illusa chimera della Notte,
la Nemesi dell'incubo...
la desolazïone del Destino.

Georges Clairin, Una Festa d'Estate, Tardo-Romanticismo e Orientalismo francesi, Fine del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì VIII del Mese di Ottobre AD MMXIX.

venerdì 24 agosto 2018

Risorgimento - Un Canto introspettivo alla Gioia di Vita

Gioia! Profonda e ridente Gioia, odi! forse
che io sogno attènderti a' le tue vie, che urlo
al vento il nome tuo; forse che aspetto
l'ore notturne soltanto per darti
un covo ne' i miei Sogni, che non passa
questa mia attesa e questa speme; forse
che m'innamoro del tuo sguardo aulente
e che mi fai rapito da' i tuoi ambrati
sorrisi; forse che è venuta l'ora
di còglierti e di gustàrti nel càlice
di mesta Vita, alzando i versi giàmbici
d'un rito sacrificale a un dolòr
che vièn pròssimo a spègnersi...
Gioia, mia Erato rinata, e volto e sacro
inno, tripudio d'un vìver ruggente
e inquieto, forse che v'è la stagione
per fàr vendemmia de' i tuoi frutti ambiti,
che è sovvenuto l'àttimo di rìdere
con te bevendo dallo stesso nappo
drogato d'Ebe e cosparso di rose,
e mirti e miele; che mi attende il tempo
di udire l'eco assordante di tua
voce... e rìdere... e rìdere... e sognare,
e vìvere l'ardòr di questi Sogni,
e còglierne la beltà, e d'altri il loto
inebriante, e avveràrne il cuore... e dìrti:
Gioia! Gioia! sublime e bella, e dolce e lieta,
t'amo! e dìrti: Oh superna e sovrumana
Dea... mia Gioia, e Vita, e Amore, onnipossente
Furia che più non teme il venìr d'Ecate,
tu, che inèbri l'ingènuo ardito senso
d'un petto visionario e sognatore,
t'adoro! e ridi! e la Notte finisce,
e il Tramonto trapassa, e sale l'alba,
e sorge il Sole; e per te, mille e mille
Sogni son vivi... ancora vivi, e veri,
e belli, alimentati con gli strali
d'Iperiòne, con fiamme di te stessa,
oh astrifiammente Gioia; e avverati e splèndidi,
sopravvissuti al morìr del notturno
momento! Oh ustoria Gioia, Gioia sorridente
con il guardo d'Urània, oh antelucana
Gioia intramontàbile e serena, amata
Gioia! La Vita risorge e insorge al Fato,
per te s'accende e pugna, e rugge e canta,
e i vaticìni delle Norne giàcciono
sconfitti e vinti; e il cuòr mio alfìn si placa
d'un sorriso, che dolce, sarà eterno.

Louis Marie de Schryver, Rue Royale, Accademismo Francese, Seconda Metà del Secolo XIX, 1898


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Venerdì XXIV del Mese di Agosto dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

martedì 24 luglio 2018

La Luna, la Notte, i Sogni

Come ti sogno, oh Luna bella e bianca,
oh Luna, tiepidamente un po’ ascosta
tra le nùvole… oh Luna… oh Luna scialba,
dall’Ànima mia stanca!....
Oh Luna!
Come la tua leggèr… leggera breva
or carezzevolmente qui mi coglie
il sudore mio estivo, e i miei pensieri
bëati e avversi al vòlger d’una sola
Notte… i pensieri ripetuti e ansanti
e soffïati nel mare de’ i Sogni…
i pensieri di pianto…
di pianto e di dolòr!....
Oh Luna!
Come il tuo fàscino accarezza il volto
del salce, sotto il quale, contemplando
e sedendo, io ti veggo… nel venìr
della sera silente e della Notte!…
e come l’accarezza! Come gli apre
e gli scioglie e gli fa le belle trecce,
qui, quasi a pettinàrlo… a pettinàr
il suo piangente crine di smeraldo…
a pettinàr il pianto
mio!.... Oh Luna!....
Oh Luna!
Come mi sei disumana e crudele
quando osi richiamàr gli occhi miei al nome
febbrile e menzognero e funestato
e bruto… al nome dei Sogni perduti…
dei compiacenti Sogni… dei terrìbili
Sogni… Sogni che come occulte lame,
sotto il tuo sguardo, infatti, mi ferìscono
le vene tutte del cuore errabondo…
d’un cuòr che appunto soffre perché sogna,
e perché piange!...
Oh Luna!
Èccoci… èccoci qui, entrambi, sepolti
sotto la pietra oscura della Notte…
sotto il Mistero del tuo cielo oppresso
dalle tènebre infami… entrambi attesi
dall’alba che riluce tra le stelle,
entrambi… reciprocamente avvinti
dal bacio delle menzogne che il Sogno
porta con sé… qui, entrambi disperati,
dove una Possa arcana ci riunisce
e ci separa!.... Oh Luna!...
Oh Luna!
E la Notte sen vola come uno spìr
delle tue labbra.
E la Notte sen vola come un Sogno
che ho in fondo al cuòr!

Charles West Cope, La Prigioniera, Tardo-Romanticismo inglese, Seconda Metà del XIX Secolo




Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì XXIV del Mese di Luglio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

martedì 6 febbraio 2018

The Last Rose of Summer - Al Silenzio della Notte

Tanto pregai; ma questa Notte è muta.
Oh vespro estinto, speme o Sogno, e cuore!
Perché i desìri miei tacesti ancora?...
fu forse eccesso chièderti portàrli
al giovinetto stame di quell'ùltima
rosa? e dovevi tu strùggermi, e urlàrmi,
e ferìrmi!.... Il silenzio oscuro impèra;
e tu, per sempre, e ancora, andrai a tacèr.
Tanto pregai; ma questa Notte è muta.
Era serrato, forse, il varco ambìto
che nel suo sonno ardisce il regno onìrico
cògliere? O insonne 'la giacea nel vento
in bufera? O fu, forse, ahi! svelta l'alba?....
E tu, per sempre, e ancora, andrai a tacèr.
Tanto pregai; ma questa Notte è muta.
Forse che l'arpa tìmida non serve,
a te mi confidài. E fu follia... è vano!
Allòr tuo messaggero, Ermète, oh Notte,
non ha lasciate l'orme sue in sul ghiaccio
del cèspite bramato; e la mia lèttera
composta a' sangue e a' inchiostro de' i miei Sogni
la mèta or non raggiunse, e inulta spira...
'la forse tintinnando per la neve,
la sento, intendo... la scruto... la pingo:
come una slitta il cui Fato è d'oblìo...
donde codesta rosa gelerà
senza conòscere il fiòr d'un mio bacio.
E tu, per sempre, e ancora, andrai a tacèr.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì VI del Mese di Febbraio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

martedì 12 dicembre 2017

Un Sonetto alla perduta Gioventù

Erano gli occhi suoi a' fredda onda tanto
profondi; e lì mi rapìano costòr.
Qui mi toglièano, infatti, il sonno; e un canto
urlò lor sguardo - angèlico - e d'Amòr.

Non mai sembiante sì bello d'incanto
all'onde apparve mie, e del sangue, al cuòr.
Ma tacendo e sognando per cui avvampo,
avvenne che ella svanì, e fu vapòr.

Così m'è fiele il sognàr la perduta
età, che in sotto a' la Luna piena
più che ombra  ivi m'attende a stàr insieme;

e l'Anima mi duole, e si fa muta,
mentre mi palpita or di vena in vena
lei che scrèpita, l'ultima mia speme.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XXX del Mese di Novembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII. Rivista e corretta in Dì di Martedì XII del Mese di Dicembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

mercoledì 15 novembre 2017

Alla Gioventù - Un Dì le Ciglia sue a cèrul Mar tanto

Un dì le ciglia sue a cèrul màr tanto
giàcquer; ed io fremente e inverecondo
e in svergognata timida quïete,
e dolèndomi muto, e disprezzàndomi
a queste allòr ne volsi il tetro guardo,
e fuggitiva spene, e contemplante
noïa, e tormentoso sentìr, e atra
sete di tanto sale; e svenne l’attimo
oh giovinezza mia! E tacque l’eterno
orizzonte, e il perenne Oceäno, e ansima
ancòr il mio ricordo a questo fiordo
per l’insistito silenzio; e quest’altra
che è la selvatica ombra di mia Vita,
con costei che da’ Sogni si procede,
più si langue. E la nebbia avvolge il mare,
e nell’Anima da or sì mi confonde
tanto oblìo che la torrida Tempesta
le vane ricordanze seppellisce,
donde l’alba mi vièn a risvegliàr
presto questo mio sonno che è annegato
in molte onde. Ma l’eterno della veglia
mi custodisce ancòr frequenti Sogni
finché non suoni per sempre l’addio
a questa mia perduta gioventù.




Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Mercoledì XV del Mese di Novembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

martedì 15 novembre 2016

Novembre

Nulla tranne che nebbia è Luna, è Notte,
Novembre eterno! E nel cuòr mio costui
vive, aspettando -
quasi in agguato -
le cure, e le ansie, i pàlpiti,
giòvane vampa di fioca lanterna,
io, che così lentamente confondo
l’Anima mia con le tènebre oscure,
finché un’altra alba sorge a illùdermi
co’ i Sogni del mattino.
E forse ora mi è dolce amàr codesta
Notte, e queste òïdi selvagge e fredde,
plasmàr le nubi della Luna tìmida
come un Dio con le impronte, ìri, dei miei occhi
sognatori;
e se io non fossi che un faro di mare
nel vïàle fatàl delle Tempeste,
dopo avèr colto le titàniche onde
degli onìrici istanti,
vorrei sognare anche quando risplende
tra queste nebbie il Sole.
E la Vita non è che un Sogno eterno!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Arkhip Kuindzhi, Isola di Valaam, Tardo Romanticismo russo, Seconda Metà del Secolo XIX



In Dì di Martedì XV del Mese di Novembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI.

venerdì 12 agosto 2016

Indefinito Anelito nella Notte di un Poeta

La Notte alfìn sen viene, ella, errabonda,
e nella sua rapsodìa e nel suo gèmere,
e in suoi tormenti, e nell’ombra sua oscura,
e in suo passàr delle ore,
qui e or, trascìna - ella irredenta - orbi spìriti
delle nebbie delle Alpi, che non son
altro che questi miei ìncubi infiniti
d’indefinito senso, e profanate
speni, dove lo spàsimo si affretta
a salìr nel mio cuore più di quanto
tra le nùvole va la falba Luna;
ed è sempre più tènebra,
dovunque, un vacuo occhio orrendo di nòttole,
le più nascoste occhiate dei sogghigni
del Nulla vespertino, Ècate, Dea
che se medèsma dissolve e ogni nuova alba,
a me riproponendo uguali Sogni,
e disuguale Destino di Incògnito,
e feroce silenzio, e disumana
quïète. E allora?
Sento io che nel tacèr delle sue stelle,
e nel frinìr de’ i suoi tremendi gufi,
e nel gridàr del dissolvente vèspero,
con tanta doglia mi manca il coraggio
di dìr al vento:
«Ho bisogno di un bacio!».
Perché, di’, oh Iddio, mi vuoi marito di una
Notte fuggente, dove la fanciulla
ha il più dorato nome
dei Sogni inquieti?....
E mentre io penso, e sogno io, e mi tormento,
è già giunta nuova alba.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Thomas Wilmer Dewing, La Spinetta, Romanticismo statunitense, Seconda Metà del Secolo XIX


In Dì di Giovedì XI Agosto dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI


venerdì 22 luglio 2016

In Ode dell'Alito di un Temporale in sul finir di Luglio

O àër, sospìr di Temporàl fuggèvol,
lento stormo di fùlmini errabondi, i
qual per cerulèa assenza di una meta
indefiniti vàgano tra i nùgoli,
così tu, mentre leggero - ei - percuote
l’orbo spettro del vento i rami intorno
e gli estivi fogliami e i campi e i fiori,
ad alluminàr tu - tu! - vai i miei più pàllidi
orizzonti, e il mio senso che si volge
oltre le ombre tue, e lungi… lungi, in vêr
le alte e sublimi vette di montagna,
ove presto io sarò; e indi, tu mi culli
e mi paschi di un non so che di Incògnito,
tu, sguardo della mia medèsima Ànima,
tra i tuoni dei miei pàlpiti del cuore,
e le fòlgori estinte del mio più
vivo sognàr, cosicché io dica ai faggi,
e ai pioppi scialbi di malattia sana,
e ai bei castagni che pòrtano il feto
del frutto dell’autunno, e al dolce legno
delle ghiande dei mieli delle querce…
sì, cosicché io proclami, ovunque, e a Ignoto,
per ogni via, per ogni sentièr, per
l’ôr delle rive inumidite e terree,
che il mio nome è Tempesta, il mio cuor Tùrbine,
che io sono come te, àër vagabondo,
e che pur come te, mi è sempre splèndida
la Vita. Ma così presto si estingue,
come l’incendio di un fùlmine in cielo,
ciò che mi fa diverso e che mi fa uomo,
il retaggio del Sogno,
l’eredità del pianto.
O àër, sospìr di Temporàl fuggèvol,
lento… lento, su’, dimmi… di’, e rispòndimi:
se sia l’Eterno la tua ìride ardente,
se sia Finito, o se sia tomba ignuda,
dove tu vada e dove ne andrai un giorno,
se tu debba tacèr al mio gridàr.
E viene così presto la quïète
a fare tramontàr nel vacuo dì,
la tua orma, impronta di caccia, àër mesto,
e questa tua säètta che mi è sera
per l’Ànima sognatrice e incantata?....
E dopo tanto, la gioventù e poi
la vecchiaia, vièn così svelto e orbo il tèrmine
dei lagrimati Sogni,
dei rivissuti pianti.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Philip Richard Morris, Home, Sweet Home, Romanticismo vittoriano inglese, Seconda Metà del Secolo XIX



In Dì di Venerdì XXII Luglio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

giovedì 16 giugno 2016

Meditazione poetica sulla Vita

La Vita è come: un Temporale; è un fùlmine,
un’ombra oscura in su’ un faro del màr
che lì - ei solleticando - annega scogli,
e i più vecchi relitti delle vele,
lì… ignuda Ondina inerme, lì, ove canta
per la duràta di un ùnico tuono
in un sol colpo di occhi e di vani àttimi,
quando la fòlgore ondeggia e si nàufraga,
ella facendo brillàr le onde in fondo,
dove l’Eterno le ha dato in Destino
la sepoltura attesa.
E dopo la Tempesta v’è la quiete
che sol sa dare Iddio.
La Vita è come: una Sìlfide che è
serena e vanitosa e che danzando
porta uno specchio in mano perché tutti
ne pòssano vedèr il vero volto,
un otre fatto di fràgile vento:
il paradòsso perenne di un Nulla
che vive e che respira.
Ma perché io - io! - giòvine e Pöèta, forse,
ho qui päùra di incontràr la Morte,
di vedèr consumata la mia fòlgore,
e speràr, disperàr, temèr, frinìr?
Forse perché io ho vissuto solo Sogni,
e non so io ancora che sia questa Vita,
di cui canto e che temo.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Kaspar Friedrich, Paesaggio romantico invernale, Romanticismo tedesco, Prima Metà del XIX Secolo



In Dì di Giovedì XVI Giugno dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

lunedì 6 giugno 2016

Idillio-ballata di un Giorno di Pianto di Pioggia di Giugno

Ed è un dì di fulmìnee piogge di un
rosso rubìn di Sole de’ il mio giugno,
quando all’alba mi sveglio e l’inatteso
orizzonte e l’attesa aurora e i tesi
rami di un tiglio inesorati uccìdono -
essi gemendo le onde del ciel cupo -
i Sogni miei notturni, e qui mi invìtano
a vìvere infiniti àttimi ignoti,
e Vita incògnita e l’urlo del vento
del non mai conosciuto mio Destino;
ed è un dì di fulmìnee piogge di un
Sogno che muore.

Ed è un dì di fulmìnee piogge di un
scialbo meriggio che va a tramontare,
ei tintinnando con le acque sue gèlide,
prima che il Sole dell’Estate abbrùci
i capèi d’oro delle risàïe,
là, quando mi sarà afoso anche il Sonno,
tra i sudari viventi della Notte,
e ben dovrò io sognare nel sudore
della Luna di fuoco e di una stella
antelucàna e immòbile tra i nembi,
e quando l’alba mi ucciderà sempre
le mie sognate speni e i desidèri;
ed è un dì di fulmìnee piogge di un
Sogno che morirà.

Ed è un dì di fulmìnee piogge di un
plùmbeo cielo di argento e di cera ebùrnëa,        
e di un Giugno che è sìmile a novembre,
crisantemo pe’ il cènere dei primi
fiori che invano attèsero l’Estate
su’ i prati e negli stagni più lontani,
come io illuso ne attesi le serene
sere, che ora qui illagrimate vàgano
a piàngere e a lamentare la pàllida
comune Sorte, dove la Natura
è rivale dei Sogni, eterno scorno,
ne’ il cinguettìo che io sento, qui, di un pàssero
che caduto dal nido e di volàr
ignaro, e oltre il muretto de’ i suoi sìmili,
ha per Destìn morìr di fame e strazio,
ei agitando il suo rostro per ghermìr
tra l’àëre le brìciole di Morte;
ed è un dì di fulmìnee piogge di un
Sogno che fu.

Ed è un dì di fulmìnee piogge di un
accordo di Tempesta che ho nel cuore,
e di eccitate ombre di furibondo
sentìr, e concitati albeggi oscuri
tra le mie rune e pe’ i monti d’intorno,
e contristata noia, e tradito e bruto
Sentimento di gioie perdute e illuse,
perché ogni Sogno mi fu Illusïòne, e…
e ogni attesa un naufragio senza scogli,
né ìsole e cimbe, io, annegato nel màr
di un vìvere furente che non so
comprèndere, né so portàr avanti;
ed è un dì di fulmìnee piogge di un
richiamo a Iddio.

Ed è un dì di fulmìnee piogge di un
bàttito di ora in su’ di un orologio
che d’in su’ un campanìl sevèro scorre:
estate e inverno, e primavera e autunno,
e quel che esiste muore e si trasforma,
da’ il cadàvere al verme e dalle larve
a’ i fiori di una culla per la Vita,
e il divenìr di queste mie stagioni
non fa altro che invecchiàr questa ansiosa Ànima,
e i miei anèliti pàllidi e infecondi.
Ma resta ùnico, ahimè! il Sogno mio e il mio
volèr di Amore, e i miei singhiozzi amari,
e i miei singulti, e le mie vane posse. E…
e mentre in Sogni giacio, io odo gridàr
con la pioggia le fùnebri campane,
che qui accompàgnano il tristo corteo
della salma di un vecchio sognatore;
ed è un dì di fulmìnee piogge di un
piànger lontano a Iddio.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Ivàn Endogurov, Pioggia, Tardo-Romanticismo russo, Fine del Secolo XIX



In Dì di Lunedì VI Giugno dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

mercoledì 1 giugno 2016

Elegia di un Addio al Mese di Maggio

Addio, maggio, o fiorito àttimo di un
Sogno, uno sguardo di Ondine e di viole
con gli occhi tuoi di cera,
dove qui più non viene a urlàr nessùn
rifiorìr di ninfee, e ove ardente è il Sole
prima che sia la sera,
e sia la Notte a seppellìr l’estate,
Dea Ècate oscura, e inesoràbil, mesta
che vaga intorno.
E la più tetra Luna le dorate
ripe lì mieterà, come Tempesta
di ìncubi; e il giorno
mi sarà stato breve per potèr
ghermìr il farsi dei Sogni miei, e il mio
desidèrio. E vorrà
ei ripètersi ancora, e qui sedèr
su questa pietra trèmula dov’io
giacio? E il cuor non lo sa….
Sa sol che maggio è stato come un fiore,
rosso nell’alba, nel vespro incolore.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

William Adolphe Bouguereau, La Giovinezza di Bacco, Classicismo francese, XIX Secolo



In Dì di Mercoledì I Giugno dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

lunedì 2 maggio 2016

In un Sogno il mio Labbro - Ei anelando - altre

In un Sogno il mio labbro - ei anelando - altre
labbra con un söàve bacio sfiora,
e al suo sollètico un po’ si addolora
il cuor che sa che è a dormìr. Ma le scaltre

nebbie de’ il sonno mio ingànnano: e le alte
imago vanno… e vanno, e trascolora
la scialba Luna in ciel di Notte mora,
che i suoi inargenta - i capèi - e i suoi occhi e falbe

guance sue. E ei inebrïàndo – ei, il Sogno! - sta
ossequïòsamènte il cuore mio, e... 
e all’alba nuova va… e va, e vola via.

E le sue labbra il mio labbro più non ha. E
come Furia è il Destino urlato a Dio. E io?
Non ho qui che da piàngere. E... fu mia.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Edmund Blair Leighton, Lancillotto, Scuola tardo romantica Preraffaellita, XIX Secolo



In Dì di Lunedì II Maggio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

venerdì 22 aprile 2016

Idillio di un Attimo di Inquietudine notturna

Ancòr morbosa, e alfìn, la mia ansia è giunta,
la malattia di un tossìr che mi è sèmplice
Tempo di ritmo cadenzato e oscuro
per una Notte che sovviene lenta, e
che più lenta trascorre,
e va via. Ahimè! E
così nel raffredòr del cuòr che pàlpita
i suoi starnuti di sangue in un Sogno
e la sua tosse di ombre cristalline,
e nella Notte dove io solitario
dormo, e ove le ansie oscure si propàgano
ripetèndosi esse più di una volta e
nel bàttito di un àttimo,
e lungo il dèbil penetràr da’ i vetri
di questa Luna argentea, scialba pelle
del seno suo lunare tra le fiamme
di un’eclissi di un Sole di ghiacciaio
nel sepolcro del vespro, e quando insonne
mi giunge l’ora del riposo; come -
chiedo io a’ un vento tortuoso -
come fàr sonni plàcidi e tranquilli,
e respiràr io bene, e riposàr,
se l’agitazïòne mi consuma,
e mi toglie il respiro, essa colmàndomi
di Sogni a occhi dischiusi, e di Destino
inesorabilmente misterioso
più della pròssima alba?.... E
è così che si propàga questo Vero:
è nella Notte che io sento che manca
la dòcile corona della mia
perduta gioventù: l’avveràrsi
di ognùn de’ i Sogni miei, e un abbraccio, un bacio
di un labbro che mi culla in tra le mie
päùre, un occhio di fanciulla che è
soltanto seta e velluto di un Sogno,
che va… e va, e muore - oh Dio! - perennemente
mancante nel mio cuòr,
come più assenti sòn:
i suoi baci, e le sue a me sussurrate
canzoni di conforto, e i suoi respiri,
un àlito di Vita prepotente,
ghirlanda di una tomba di mia Notte!
E passato il notturno àttimo inquieto
seppellisco io il dolore sotto i rami
dell’aprile festoso, dove maggio
è forse un altro Sogno…. E
è un’altra Notte!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Aleksej Savrasov, Primavera, Seconda Metà del Secolo XIX, Scuola romantica russa


In Dì di Venerdì XXII Aprile dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI