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mercoledì 24 ottobre 2018

Gelido Spleen d'una Sera di Autunno

Ho freddo; e tace. Tace il vespro inquieto,
le ombre del vento su' i pioppi difformi.
Tace il proscritto Sogno. Tace il Sole
che crolla. Tace
l'eco perenne de' i singhiozzi amari,
le orme della bipenne. Tace il labbro
di Ebe, che si protrae in silenzi oscuri
per ogni Notte.
Tace il destriero che porta le lettere
nelle Tempeste de' le prime nebbie
a' il piè del nuovo novembre. Tace anche
l'alba che viene
appena dopo il regno de' le larve.
Tace il fiore al cospetto della pieve
per la campagna; tace lo sbadiglio
di ombrosi campi.
Tace la dissacrante processione
egizia degli íbis per le ripe
che bruciano di paglie. Tace il cieco
oblio delle anime
del cimitero. Tace il tuo occhio. Tace
il sopraciglio del pallido Autunno
che ami con me, Ebe. Tace la pianura
qui sonnolente.
Tace all'altare la spogliata croce,
l'ostia che maledice e mi condanna.
Tace l'Eterno. Tace la marmorea
statua de' Santi.
Tace il teutonico animo di un cuore
sotto spoglia mentita. Tace il Fato.
Tace Proserpina al suo orbo Plutone
pria di dormire.
Tace il singulto del Tutto profano
che piange e grida per questi suoi sferici
orizzonti morenti. Tace un urlo
che è tanto forte
per essere sentito da una stirpe
figlia del fango. Tace il frutto antico
del Male, il loto sopra il seno di Eva.
Tace la Gioia.
Tace il represso Desiderio. Tace
quel capello piangente d'un bel salice
che attende la perizia di man druidica
a far corona
per le bare de' i Sogni. Tace il fosso
che a' neri sguardi ti sta dianzi e a' fosche
fiammelle del Tramonto. Tace il fumo
del campo in preda
dell'igna falce de' il mietitor. Tace
l'Arbogna che fa il conto delle impronte
e de' passi che sente. Tace il corso
del prosciugato
mare delle risaie. Tace il mosto
che avvelena i miei istanti di pensieri
sommessi. Tace l'airone che cerca
l'ultimo seme
di riso. Tace la Natura insonne
nel suo autunnale sepolcro inumano
che in mano porta i teschi delle vittime.
Tace la Vita.
Tace la rimembrata Luna al vecchio
incontro. Tace l'Estate trascorsa,
annientata al svanir di queste maschere
sognanti. Tacciono
i nostri cani, le nostre vie, il mio
sepolcrale giaciglio derubato
de' lumicini. Tace la tua mano, Ebe,
il tuo pugnale.
Tace il respiro del mio sonno inquieto
che gela l'ossa e pietrifica il sangue
animato dagli incubi feroci.
Tace il tuo labbro.
Tace la tua vendemmia, la tua danza,
il tuo sorriso che riempie le coppe
di ebbro veleno. Tace il fiele amaro
che sale in bocca. 
Tace il nettare dolce delle rose
che appassiscono presto a dare spazio
a' crisantemi. Tace.... Tace il vespro
della mia steppa.
Tace l'Anima amica d'una viola
sopravvissuta alla fine d'Estate.
Tace il dipinto d'una Madonnina
su un vecchio muro.
Tace la siepe del parco ridente
dove i bambini giuocan con l'assillo
de' compiti sgraziati. Tace il ferro
di ampi cancelli.
Tace il cane da caccia quando passo
vicino. Tace il cinguettio di stormi
fuggenti. Tace l'erba che calpesto.
Tace dovunque
la compagna ombra che trascina pena
selvaggia e ascosta lungo il mio cammino.
Tace... Tace un responso. E questo Eterno
non m'ha a pietà!
Tace il tuo sibilo amico nell'attimo
in cui ti sogno, dardo di Dea. Tace
la tua bocca schioccante orridi oblii
del tuo silenzio.
Tace il tuo crine di Notte splendente
con la Luna di tue belle pupille
che sognano nel giorno. Tace il tuo
vestir pesante
lane d'Autunno. Tace la irrequieta
tua pièta di fanciulla che non sa
i duoli del Pöeta. Tace il Cielo
con i suoi Ángioli.
Tace l'edera fulva de' il vegliardo
giardino. Tace l'ululato canto
de' levrieri pe' i corni della caccia;
e taci tu,
che non ti mostri e non rispondi a' cenni
del tuo cantore. Tace il tuo respiro,
la tua parola sussurrata. Tace
il tuo bel volto
co' tuoi capelli raccolti sul morbido
candido collo. Tace il tuo mento, o uva,
che spremi i vini de' i rimorsi estivi
e della Sorte.
Tace l'onda che va e si perde altrove
de' vicini ruscelli. Tace il lezzo
fangoso degli stagni e delle tife
che putrefatte
volgono l'ultimo addio al Sole. Tace
la chiesetta di Santa Maria,
il suo vïale spogliato di foglie
cadute e secche.
Tace il marziale campo ove i fanciulli
si rincorrono lesti. Tace il pioppo
che adombra i loculi al cimitero, urlo
di atroci pene.
Tace questa sperata e grazïosa
dedita bocca a' melliflui responsi
che non mi giungono ancora nel vasto
e freddo Autunno.
Tace la pazïenza nelle vene
del cuore che mi distillano noie
d'attese sempiterne e funestate.
Tace la panca
ove mi seggo, aspettando il rumore -
forse - de' il passo tuo. Tace il sogghigno
de' l'orizzonte che nella sua Notte
or mi divora.
Tace dovunque il tuo sembiante bello,
l'impronta del tuo cuore portentoso,
o Ebe. Tace il tuo guardo. E allor m'è regno
enorme silenzio.

James Clarke Hook, Wreckage from the Fruiter, Tardo-Romanticismo inglese, 1889



Massimiliano Zaino Di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì XXIII del Mese di Ottobre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

giovedì 30 agosto 2018

Trobar Clus - Canto trobadorico d'una Notte romantica

Forse non senti per le fronde oscure
l'araldo che si avvicina... che porta
il mio nome a' la tua Luna... che ambisce
farti mia Notte, Tramonto di Gioia...
non senti i trilli
della mia arpa.... Non senti, forse, i passi,
i pàlpiti furibondi di questo
destriero, nunzi di canti di sèmplici
giambi di Vita... non senti i suoi sensi
repressi e illusi....
Forse non senti per le fronde oscure,
per queste vie solitarie e notturne,
abbandonate dal tuo amato sguardo
di Luna, oh sera!... non senti venìr
in te un senso di viva pietà... e taci,
e non ti mostri...
né ti palesi, e ti nascondi.... E taci;
forse perché hai vergogna dell'errante
cavaliere che vive in me e nel cuòr
mi si diletta,
forse perché non ami i freschi fiori
che dall'Estate morente ti porto
a omaggio della mia signora Notte...
forse perché è così che iscritto giace
nel vorace Destino...
e non senti per queste fronde oscure
che si avvicina il mio araldo squillante.
Non senti che urla di nuovo il mio nome,
che geme e che sospira con il mio
pianto, che grida, che implora una cortese
Luna, che piange attendendo me stesso
e il comparìr tuo bello,
che vuole che ti mostri una sol volta
ancora... solo una volta pe' un breve
àttimo scarno di Gioia e di dolore....
E non senti per queste fronde oscure
che mi avvicino io!

Edmund Blair Leighton, Tristano e Isotta, Tardo-Romanticismo inglese, Simbolismo, Fine del XIX Secolo


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XXX del Mese di Agosto dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

mercoledì 22 agosto 2018

Dolce, inquieto Crepuscolo di Fine-Agosto

Oh cièl di fìn d'Agosto, quieto e caldo
cielo... è così che soccombi! che muori!
e che tramonti!
è così che non mostri i tuoi occhi neri,
ovvero il volo, l'ale combattenti
il vento, delle ròndini festanti,
a poco... a poco, e a breve, fuggitive
per deserti lontani;
è così che il tuo Sole si lenisce
sul mio sguardo abbronzato, sulle mie ombre
profonde e mute,
su' il mio passo errabondo,
su' i miei ricordi gelosi d'Estate,
per questa nuova soffrente Tempesta
che annunzi, oh tenebroso!
è così che sovviene lentamente
quel fresco vento che ghermisce gli àcini
delle venture vendemmie di vino,
della mia finta ebbrezza inassopita
per un'orda di Sogni...
e muòr l'Estate! e s'avvicina Autunno!
e i fiori vanno già verso il riposo
segreto e tìmido d'un Ade di noia,
d'un Infero crudele
che il volto mi rispecchia....
E muore la sperata e combattuta
e vinta e attesa sì lambita Gioia...
e mi vièn la tristezza,
e mi trascino in gola un canto orrendo
di Trìstia antichi,
qui, ove tu, oh ciel, mi premi co' il tuo duro
calcagno a farmi piàngere e lagnare...
a tògliermi le reliquie de' i Sogni,
a pormi dianzi alla durezza immane
degli ùltimi tuoi lampi,
a gridàrmi furioso e prepotente:
"Subisci le stagioni!
Subisci i loro ritorni perenni...
subisci e piangi!"...
esse, sempre così uguali, sì giòvini,
e forti e belle, prive quasi di anni,
sempre a còrrer le giostre furibonde
di Prosèrpina e Arcadia,
io... così dèbile, e fràgile e vecchio
per ogni àttimo in più che trascorre...
io... così morto,
e spento e muto!
Oh cièl di fìn d'Agosto! ancora caldo,
cièl che pronunzi veloce l'incanto
della sera, del regno della Notte
e della Luna,
è così che mi rimembri le Furie,
il fuoco delle campagne mietute
bruciate, il ferro di Unni vagabondi,
e aspri ed èsuli e nòmadi:
i giorni che assassìnano i Tramonti,
i pensieri notturni, le visioni,
l'ìncubo e il Sogno... ahi, assassini sacrati
alle menzogne, 
a un eterno dolòr!....
E qui mi giacio, preda che si trema
nel cuore d'un'altra, orrenda Tempesta!

Charles Haigh Wood, Fair Deceivers, Tardo-Romanticismo inglese, Seconda Metà del XIX Secolo


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XIX del Mese di Agosto dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

sabato 18 agosto 2018

Gli Attimi. Visioni e Sogni. Delirio

Fèrmati!... fèrmati! un attimo, un solo
pìccolo istante... un istante protratto
per il tempo d'un breve, ardente sguardo...
d'un colpo d'occhio su' il Sole che acceca,
oh tu, mia sera,
fèrmati!... fèrmati...
fèrmati!
oh Notte... oh Sogno... oh speranzoso ìncubo,
oh naufragante ùltima e ardita speme
che ne' i tripudi profani del vespro
come Spìrito appari!....
Fèrmati! pìccola ombra delicata,
e fràgile e sottile come un pètalo
di appena nata rosa
trascinato dal vento... oh tremolante
larva, nappo proibito di Gioia e d'inni
a Erato consacrati,
tu... frutto etereo di me visionario,
di me, che delirante i sensi oblìo,
fèrmati!... fèrmati! e rivolgi i tuoi occhi
al sognatore tuo
che tìmido e nascosto e vagabondo,
e muto quasi, e folle, e al biancospino
che tu raccogli
sì follemente canta i suoi lamenti...
oh donna... oh sera... oh Luna... oh Nulla eterno,
perenne Nulla, vacuo sì feroce
e profondo, e ferito Desiderio,
oh Vita... Vita assente e non gustata,
fèrmati! e volgi a miràr la tua vìttima
esterrefatta e mesta...
il suo... il mio volto che soffre, che piange,
che rugge, che urla muggìti d'assenzio,
che dispera cogliendo ogni tuo scherno,
che ride làgrime e pianti infiniti
per le tue farse di Sogni beffardi,
di Sogni, e larve oscene e fremebonde,
e inascoltate e spente!....
Fèrmati!... fèrmati, oh dèbile strale
d'un sì pallente Sole che ad Agosto
ver la vendemmia si muove e all'Autunno,
me preparando al venìr dell'inverno
con le sue nebbie
che nascòndono fole... vecchie fole
di Villi, che non pàrlano che al Sogno,
che non dìcono nient'altro, oh Cielo!
che crudeli e fatali empie menzogne
cui il cuòr anela, il mìsero!
cuore vigliacco e profano e sì vile,
cuòr che è un eterno sconfitto di guerra,
vinto fatàl!....
che in questo màr tremendo e funestato
di solitùdine e di àttimi ciechi
non vòglion rispecchiare quelle ciocche
de' i miei capèi che si fanno vegliarde,
e grigie e cupe...
che mi nascòndono il dilemma amato
d'un bacio di fanciulla nella Notte
come coperta d'un sonno leggero,
che mi ingànnano sul mio crudo e tristo
e fatale Destino...
Destìn di noia e dolòr!.....
Fèrmati!... fèrmati! alato singhiozzo
d'Amore, fiòr di ambite Gioie serene
confuso ne' i sorrisi di mille ombre
d'uno sguardo perduto
pe' il quale il cuore ardito sogna... e sogna...
sogna trovàrsi al veròn d'un castello
e segreto e mellifluo
sogna di èssere un Trovatore incàuto...
sogna cantare Canzoni e Lamenti,
sogna fàr pago i suoi Sogni innocenti...
sogna che prende la sua destra e parla...
e parla... parla,
sogna fuggire con lei al trotto eroico
del palafreno....
Oh gai a' questi miei Sogni, oh bei desìi,
oh mio Delirio, fèrmati... e ascolta e odi!
e fa' che venga l'alba a seppellìrci,
a ridare alla Notte tutto quello
che di diritto e Natura le appartiene...
a te a donàr la Gioia,
a me a dare il dolòr!


Marcus Stone, Claudio, deceived by Don Juan, Tardo-Romanticismo inglese, Seconda Metà del XIX Secolo


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Sabato XVIII del Mese di Agosto dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

giovedì 26 luglio 2018

Gioia

Muto labbro di Notte, e della Luna
tacente, e silenziosa e tàcita ombra,
silente fiore di latte e d’argento,
e della sera vagabondi Sogni…
erranti ed errabondi e arcani Sogni…
oh, vagabondeggianti ardenti Sogni…
che odo di voi?
La breva, forse, che sìbila lenta,
la piova che s’annunzia onnipotente,
il vento che s’infuria su’ una viòra…
su’ una màmmola…
forse, il rivèrbero amico in su’ le ampie
vie, o in sulle fronde de’ i bei salci,
o sulla fronte mia, sul mio occhio che urla…
che urla sguardi piangenti…
forse, le grida, e i lampi, e i tuoni, i fùlmini,
il Temporale che piega una rosa
a’ i suoi piedi bagnati di piovute ansie….
Perdutamente vostro! Follemente
abbandonato a’ la Furia de’ i vostri
Elementi impazziti… ora mi giacio.
E l’occhio sogna…
sogna Ebe colorita d’alba e Gioia….
Gioia! Gioia! Ridente assillo d’un Pöèta
dal Destino secreto, il qual si desta
dopo Notti di Sogni e Sogni attesi
per morire di te…
per vìver nel tuo cuòr!....
Gioia! Mia chimera, mia ombra riflettente
le Spemi e i Desidèri, e i miei singhiozzi,
potentemente tu, mia cruda assenza,
febbrilmente sognata
nel bàttito d’una foglia che cade…
nell’àttimo d’un lampo che schiarisce
le nubi nere…
Gioia! Spumeggiante tino sì gradèvole
e molle che trabocchi come danza
su chi ti brama, ma non su di me…
oh Gioia! oh Luna!.... Oh Notte!....
La mia trèmula mano stringe a sé
e àgita il falbo fazzoletto e ùmido
del saluto-addio, mentre voi con l’ale
tornate a lampeggiàr nel fosco cielo…
a lampeggiàr nel bieco Temporale.


Ivan Aivazovskij, La Nona Onda, Romanticismo russo-armeno, Prima Metà del XIX Secolo



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XXVI del Mese di Luglio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

martedì 24 luglio 2018

La Luna, la Notte, i Sogni

Come ti sogno, oh Luna bella e bianca,
oh Luna, tiepidamente un po’ ascosta
tra le nùvole… oh Luna… oh Luna scialba,
dall’Ànima mia stanca!....
Oh Luna!
Come la tua leggèr… leggera breva
or carezzevolmente qui mi coglie
il sudore mio estivo, e i miei pensieri
bëati e avversi al vòlger d’una sola
Notte… i pensieri ripetuti e ansanti
e soffïati nel mare de’ i Sogni…
i pensieri di pianto…
di pianto e di dolòr!....
Oh Luna!
Come il tuo fàscino accarezza il volto
del salce, sotto il quale, contemplando
e sedendo, io ti veggo… nel venìr
della sera silente e della Notte!…
e come l’accarezza! Come gli apre
e gli scioglie e gli fa le belle trecce,
qui, quasi a pettinàrlo… a pettinàr
il suo piangente crine di smeraldo…
a pettinàr il pianto
mio!.... Oh Luna!....
Oh Luna!
Come mi sei disumana e crudele
quando osi richiamàr gli occhi miei al nome
febbrile e menzognero e funestato
e bruto… al nome dei Sogni perduti…
dei compiacenti Sogni… dei terrìbili
Sogni… Sogni che come occulte lame,
sotto il tuo sguardo, infatti, mi ferìscono
le vene tutte del cuore errabondo…
d’un cuòr che appunto soffre perché sogna,
e perché piange!...
Oh Luna!
Èccoci… èccoci qui, entrambi, sepolti
sotto la pietra oscura della Notte…
sotto il Mistero del tuo cielo oppresso
dalle tènebre infami… entrambi attesi
dall’alba che riluce tra le stelle,
entrambi… reciprocamente avvinti
dal bacio delle menzogne che il Sogno
porta con sé… qui, entrambi disperati,
dove una Possa arcana ci riunisce
e ci separa!.... Oh Luna!...
Oh Luna!
E la Notte sen vola come uno spìr
delle tue labbra.
E la Notte sen vola come un Sogno
che ho in fondo al cuòr!

Charles West Cope, La Prigioniera, Tardo-Romanticismo inglese, Seconda Metà del XIX Secolo




Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì XXIV del Mese di Luglio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

sabato 17 settembre 2016

Il Lamento di un Pellegrino

Ora che è Notte io qui a peregrinàr
tra erbe e foreste, e campi e monti giacio,
le bùssole or cogliendo della Luna;
e io päùrosamente ansando, e folle,  
e in un dominio di brume perenni
invano scruto il disperso sentièr.
E questa Notte non avrà da dàr
ristoro, o covo, o quiete e requie o bacio,
sempre più trista, e fredda, e occulta e bruna,
quando ella inghiotte la Natura e il colle
lontàn dal qual io errabondo ne venni;
e invano scruto il disperso sentièr.
E so che verràn tardi e l’alba e il giorno,
e che le belve règnan le foreste,
e che io non dormirò che sur di un sasso
che un dì fu posseduto da una vìpera;
e io impallidendo e senza più un contegno
continuerò il cammino nelle tènebre,
a tentòni, tra le ombre dei miei Sogni.
Ma se io ho perduta la via del ritorno,
vagabondàr dovrò per sempre in queste
gèlide nebbie di indefinita ansia,
e verrà il dì che non potrò nient’altro
che effòndermi nel loro assente regno,
a tentòni, tra le ombre dei miei Sogni.
Vagherò tra le brume del mio cuor sognatore,
vedrò con gli occhi di una bestia selvaggia; e andrò
a respirare con il vento di questa Notte.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Caspar David Friedrich, Un Cacciatore nei Boschi, Romanticismo tedesco, Prima Metà del Secolo XIX



Nei Dì di Venerdì XVI del Mese di Settembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

venerdì 12 agosto 2016

Indefinito Anelito nella Notte di un Poeta

La Notte alfìn sen viene, ella, errabonda,
e nella sua rapsodìa e nel suo gèmere,
e in suoi tormenti, e nell’ombra sua oscura,
e in suo passàr delle ore,
qui e or, trascìna - ella irredenta - orbi spìriti
delle nebbie delle Alpi, che non son
altro che questi miei ìncubi infiniti
d’indefinito senso, e profanate
speni, dove lo spàsimo si affretta
a salìr nel mio cuore più di quanto
tra le nùvole va la falba Luna;
ed è sempre più tènebra,
dovunque, un vacuo occhio orrendo di nòttole,
le più nascoste occhiate dei sogghigni
del Nulla vespertino, Ècate, Dea
che se medèsma dissolve e ogni nuova alba,
a me riproponendo uguali Sogni,
e disuguale Destino di Incògnito,
e feroce silenzio, e disumana
quïète. E allora?
Sento io che nel tacèr delle sue stelle,
e nel frinìr de’ i suoi tremendi gufi,
e nel gridàr del dissolvente vèspero,
con tanta doglia mi manca il coraggio
di dìr al vento:
«Ho bisogno di un bacio!».
Perché, di’, oh Iddio, mi vuoi marito di una
Notte fuggente, dove la fanciulla
ha il più dorato nome
dei Sogni inquieti?....
E mentre io penso, e sogno io, e mi tormento,
è già giunta nuova alba.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Thomas Wilmer Dewing, La Spinetta, Romanticismo statunitense, Seconda Metà del Secolo XIX


In Dì di Giovedì XI Agosto dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI


giovedì 9 giugno 2016

Il Destino nella Notte

Notte è; e la Luna tra i nembi di argento attenua
le ombre fuggèvoli e le tènebre,
e gli spettri dei miei Sogni,
e le nebbie perenni degli eterni singhiozzi
delle inattese noie, e dei tesi istanti,
quando le rose sognate svanìscono
nell’alba che risorge,
e che qui istupidito mi ritrova e contristato
nel fiòr di un Sole,
il qual voracemente e or furïòso inghiotte e divora
l’estivo fiele del vespro sognante,
ed è la fine di me sognatòr,
di un uomo che non sa vìver se non
tra i vezzi delle culle delle sue chimere,
perché il Sogno non è Vita,
perché il Sogno è Destino.
Notte è: e la Luna tra i nembi di argento attenua
le ombre fuggèvoli e le tènebre;
e non ci sono che Sogni.
Come, dunque, io potrò amàr sempre, lì,
nelle ombre delle sere e dell’assenza
di un rëàle sospìr di Vita attesa, e
eternamente èssere qui tradito
dai miei sognati istanti? No… non posso!
Ma questo è il mio Destino.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

K. Friedrich, Paesaggio romantico notturno, Romanticismo tedesco, Secolo XIX



In Dì di Giovedì IX Giugno dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

martedì 7 giugno 2016

Sonetto in Terzine dantesche - Attesa e Sogno di un'Ombra di una Notte di Giugno

Ombra è di Estate; è la Luna di un quieto
nembo di giugno, e rosseggiando è là,
là… a’ i monti del mio orizzonte. E… e non lieto,

però, mi è il lento vespro che non va
svelto nella sua Notte, e nel mio ambìr
il sapòr dei miei Sogni, e… e che non sa

quanto privato del Sogno è il soffrìr
per me… me sognatòr che di orme vive
dell’Ànima che giace in suo dormìr,

Sonno infecondo, che per orbe rive
tintinna con il canto delle rane,
ombre notturne, e assopite e giulive.

E le speni di sera sòn lontane,
di Notte le chimere ben più vane.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Van der Neer, Paesaggio al Chiaro di Luna, Classicismo fiammingo, XVII-XVIII Secolo



In Dì di Martedì VII Giugno dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

venerdì 3 giugno 2016

Un'Elegia alla Sera

Sera, oh tu, oscura negli àttimi de’i
Sogni, qual è il tuo sguardo or nella Luna
argentea, e scialba?
e di’! com’è il tuo labbro furibondo
che baciando ghermisce il venìr svelto
degli ìncubi infedeli?....
Forse tu allùmini il senso mio, e i miei
occhi che sògnano; e la cera tua bruna
mi è preludio di alba
più nuova, dove io non più vagabondo
per questo mio sognàr, e il suo prescelto
Fato andrò, e pe’ i suoi fieli
di giovinetta Morte, e di terrore,
sognando io ancora un’ìride di Amore.
Oh sera! E Estate sarà, e avrò io perduto
forse in tal Sogno un’altra e dolce via,
e avrò smarrito il sentiero supremo
delle più quiete speni;
e canterò io con le corde di un liuto
un’altra Pöèsia,
perché la Notte è un regno di un sognàr,
illusïòne eterna, com’è il sonno
ne’ i marmi sepolcrali,
qui, scoglio a un solitario e inquieto màr
dove l’onda si infrange in un bàttito
di àttimi e di ali;
e tutto è vano!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Ivan Aivazovskij, Una Torre di Notte, Romanticismo russo, Secolo XIX



In Dì di Venerdì III Giugno dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

mercoledì 1 giugno 2016

Elegia di un Addio al Mese di Maggio

Addio, maggio, o fiorito àttimo di un
Sogno, uno sguardo di Ondine e di viole
con gli occhi tuoi di cera,
dove qui più non viene a urlàr nessùn
rifiorìr di ninfee, e ove ardente è il Sole
prima che sia la sera,
e sia la Notte a seppellìr l’estate,
Dea Ècate oscura, e inesoràbil, mesta
che vaga intorno.
E la più tetra Luna le dorate
ripe lì mieterà, come Tempesta
di ìncubi; e il giorno
mi sarà stato breve per potèr
ghermìr il farsi dei Sogni miei, e il mio
desidèrio. E vorrà
ei ripètersi ancora, e qui sedèr
su questa pietra trèmula dov’io
giacio? E il cuor non lo sa….
Sa sol che maggio è stato come un fiore,
rosso nell’alba, nel vespro incolore.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

William Adolphe Bouguereau, La Giovinezza di Bacco, Classicismo francese, XIX Secolo



In Dì di Mercoledì I Giugno dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

giovedì 26 maggio 2016

La Ballata della Notte

Dimmi, oh Notte, qual sia il tuo insano orrore,
se Spettri o Luna, se tessuto Fato
inesoràbile e sublime, o se ore
di Morte eterna nel vento agitato;

se così oscura tu appassisca il fiore
che nel meriggio tra le frasche è nato;
di’, oh Notte, artèfice or di empio terrore,
di Morte eterna nel vento agitato!

E io qui attendendo il tuo responso arcano
sogno forse il venìr delle tue Villi,
e degli Elfi tuoi, e Ninfe, e l’inumano
cantàr lagnoso dei tàciti grilli;
e io qui attendendo il tuo responso arcano
bevo le ombre dei sàlici dei Fati,
e il vento viene, e vola e va lontano
di Morte eterna tra i faggi agitati.

Dimmi, oh Notte, qual sia il tuo insano orrore,
il tuo secreto Mistero velato,
questo venìr, questo andàr di alto Amore,
la Morte eterna nel vento agitato!

Dimmi, oh Notte, qual sia il tuo insano orrore,
se Spettri o Luna, se tessuto Fato,
se Morte eterna nel vento agitato,
inesoràbili e ùltime le tue ore!

E forse or vesti le larve dei Sogni
miei, e con l’argento della Luna scialba
pur ti incammini - ahimè - e non ti vergogni
a uccìderli nel soffiàr della nuova alba.
E, infatti, vièn l’aurora eterea e falba,
e lentamente lasci gli orizzonti,
tu giurando più nuovi e bei tramonti,
inesoràbili e ùltime le tue ore.

Dimmi, oh Notte, qual sia il tuo insano orrore,
se Spettri o Luna, se tessuto Fato
inesoràbile e sublime, o se ore
di Morte eterna nel vento agitato!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Albert Bierstadt, Un Tramonto, Hudson Rive School, XIX Secolo


In Dì di Giovedì XXVI Maggio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI